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Premessa – A pochi giorni dall’entrata in vigore della riforma del lavoro (L. n. 92/2012), pubblicata il 3 luglio scorso nella Gazzetta Ufficiale, vi sono ancora alcuni dubbi circa l’iter da seguire in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. In particolare, devono essere definite la modulistica e le modalità per rendere operativo il divorzio consensuale (dimissioni). Infatti, come è noto la riforma Fornero costringe al lavoratore di seguire un determinato iter in caso di dimissioni, dove la richiesta, a partire dal 18 luglio 2012, sarà sospesa fino a quando le stesse non saranno convalidate. Tuttavia, nel lasso di tempo compreso tra la richiesta di dimissioni e l’effettiva convalida esiste un periodo neutro durante il quale è concesso un ripensamento da parte del lavoratore, quindi la revoca delle dimissioni stesse. Ma anche qui è possibile riscontrare una carenza normativa, poiché la riforma stabilisce che la revoca può avvenire solo in forma scritta, non contemplando ulteriori possibilità.
La procedura di convalida – Nel caso in cui il lavoratore intende dare le dimissioni, è necessaria la convalida che è possibile ottenere in due modi. La prima procedura prevede che la pratica venga conclusa presso la D.T.L. (ex D.P.L.) o presso il Centro provinciale per l'impiego. Tuttavia, le modalità non sono ancora molto chiare. In alternativa, si può apporre una dichiarazione specifica di conferma delle dimissioni in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro che i datori di lavoro sono tenuti a inviare al Centro provinciale per l'impiego, entro cinque giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Al tal proposito, il testo prevede che la richiesta può essere semplice e libera nella forma.
Gli obblighi del datore di lavoro – A questo punto il datore di lavoro, ricevuta la comunicazione di dimissione da parte del lavoratore, o, in alternativa sottoscritto l'accordo di risoluzione consensuale, deve invitare il lavoratore stesso ad attivarsi per la convalida, entro 30 giorni dalla data delle dimissioni o della risoluzione consensuale, recandosi presso la D.T.L., il Centro provinciale per l'impiego o chiedendogli di sottoscrivere la conferma delle dimissioni. Se non si rispetta il suddetto termine le dimissioni sono prive di effetto e il rapporto resta valido. Al riguardo, è bene precisare che i trenta giorni decorrono dal momento in cui il datore di lavoro riceve la comunicazione, trattandosi di un atto recettizio. Il datore di lavoro, inoltre, all'invito deve allegare la copia della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro trasmessa al Centro provinciale per l'impiego, e considerato che in ogni caso la sottoscrizione della ricevuta stessa è in assoluto la procedura più semplice, il datore di lavoro potrebbe essere obbligato ad anticipare i tempi della comunicazione di cessazione del rapporto. La richiesta del datore di lavoro deve essere consegnata a mano oppure fatta recapitare al domicilio del lavoratore indicato nel contratto di lavoro o ad altro domicilio formalmente comunicato dalla lavoratrice o dal lavoratore al datore di lavoro.
Le opzioni del lavoratore – Il lavoratore, dal canto suo, entro sette giorni successivi alla ricezione della comunicazione, può intraprendere tre vie. Dunque, come prima opzione può convalidare le dimissioni recandosi presso la D.T.L., il Centro provinciale per l'impiego oppure sottoscrivere la ricevuta della comunicazione. In tal caso viene meno l'effetto sospensivo delle dimissioni, che quindi decorrono dalla data stabilita precedentemente. In tal caso, sarebbe opportuno indicare con quali modalità il lavoratore dovrà documentare la avvenuta convalida. In alternativa, il lavoratore può non aderire all'invito del datore di lavoro. Anche in questo caso, decorsi i sette giorni, viene meno l'effetto sospensivo delle dimissioni e il rapporto si considera risolto alla data stabilita. Come ultima opzione il lavoratore può revocare le dimissioni, entro il termine di 15 giorni, dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo licenziamento. La revoca, in tal caso, può avvenire in “forma scritta”. Infine, il testo della riforma precisa che se nel periodo compreso tra il recesso e la revoca delle dimissioni non c'è stata prestazione lavorativa, il lavoratore non matura alcun diritto retributivo.