10 settembre 2015

Esodati e opzione donna: arriva la beffa dal MEF

I fondi non utilizzati nelle precedenti salvaguardie non saranno reimpiegate per crearne una settima. Arriva lo stop anche sull’opzione donna

Autore: Redazione Fiscal Focus
Nei giorni scorsi si era parlato della speranza di un’ulteriore eventuale salvaguardia (la settima) per gli esodati, ossia coloro che sono usciti dal mondo del lavoro prima dell'entrata in vigore della manovra Salva-Italia (L. n. 214/2011). I lavoratori che con ansia attendevano di sapere il loro futuro erano circa 20.000, e si trattava precisamente di coloro che secondo le norme previgenti avrebbero maturato l'assegno pensionistico successivamente al 6 gennaio 2016.

Ebbene, a vanificare ogni speranza ci ha pensato il Ministero delle Economia e delle Finanze affermando che le risorse non utilizzate nel periodo “2013-2014” per le precedenti salvaguardie sono tornate nelle casse dello Stato e non potranno essere più usate per questo scopo. Una decisione, questa, non proprio presa in maniera unanime da quanto è stato riferito dal presidente della commissione Cesare Damiano, secondo il quale la posizione assunta dal Ministero del Lavoro, presieduto da Giuliano Poletti, sarebbe stata diversa.

Si tratta di circa 500 milioni che, "se prevalesse la linea restrittiva del Mef", commenta Damiano, verrebbero bloccati: "Per noi questo è inaccettabile, la questione diventa politica e va affrontata a livello di ministri competenti". Damiano denuncia che così "non solo si riduce la quantità di risorse messe a disposizione per la 'settima salvaguardia', ma si cancella la volontà del legislatore, che costituendo il fondo ha espresso la volontà di utilizzare i risparmi per ampliare il numero dei lavoratori da tutelare". E sottolinea: "Noi e ministero del Lavoro non concordiamo con l'interpretazione restrittiva del Mef, che demolisce le fondamenta della legge, per me è inaccettabile".

Opzione donna
– Niente da fare anche per la c.d. “opzione donna”, ossia la possibilità offerta dall'INPS alle lavoratrici di ottenere l'accesso anticipato alla pensione passando al calcolo contributivo. Il problema di fondo risiede nella mancanza di fondi, stimata dall'Istituto di previdenza in 2 miliardi di euro fino al 2023. Per l’ex ministro del Lavoro si tratta di una “cifra esagerata probabilmente calcolata su una platea più ampia di quella reale”.

Vogliamo anche in questo caso sottolineare - prosegue Damiano - che nel momento in cui l'aspettativa di vita delle donne è oltre gli ottant'anni queste lavoratrici percepiranno un assegno decurtato del 30% per piu' di 23 anni. Quindi nel lungo periodo non solo non ci saranno costi ma si produrranno dei risparmi. Noi non possiamo contabilizzare soltanto i costi”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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