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Premessa – Secondo l’elaborazione del Centro studi Datagiovani, oggi gli addetti a tempo parziale sono il 5% in più rispetto al 2008, l’equivalente di oltre il 15% dell’occupazione totale. Tuttavia, occorre segnalare che tale aumento non è dettato da una pura scelta, ma più da una necessità in quanto, dal sondaggio emerge che le persone scelgono di lavorare ad orario ridotto perché non riescono a trovare un lavoro a tempo pieno (52,3% poco più di una persona su due). Infatti, il ricercatore Michele Pasqualotto commenta: “I dati evidenziano che lavorare a tempo parziale non rappresenta più il raggiungimento di un’agognata conciliazione tra lavoro e famiglia, piuttosto una scelta obbligatoria”.
I dati – Cresce anche la percentuale delle donne impiegate in lavori part-time: esattamente il 77,8% sul totale; rispettivamente l’81% nel Nord e il 70% nel Meridione. Per quanto riguarda, invece, la fascia di età interessata è possibile riscontrare quote più elevate di giovani con meno di 35 anni sia di lavoratori part-time rispetto al totale degli occupati (23%) sia di soggetti che dichiarano di non avere trovato un lavoro a tempo pieno (69%). Con riferimento, invece, ai 434 mila lavoratori che hanno trovato il primo impiego da non più di un anno, secondo l’analisi di Datagiovani, il part-time ha un’incidenza pari al 31,2%. Quanto alle opportunità, essi sono maggiori per i dipendenti del terziario: in primis, alberghi e ristoranti (42% degli occupati totali), seguiti da sanità e servizi alle imprese. Su quest'ultimo aspetto si è espresso il docente di sociologia all’Università Cattolica di Milano, Egidio Riva: “La crisi ha ristretto le porte d’ingresso soprattutto per l’industria e le poche chance flessibili si concentrano ancor di più rispetto al passato nel settore terziario”.
Motivazioni – Spostando l’attenzione sulle motivazioni interessate, emerge una frattura netta fra uomini e donne, in quanto: i primi dichiarano obiettivi di benessere personale (avere più tempo libero), studio o per svolgere un secondo lavoro; le seconde, al contrario, scelgono la formula per seguire figli o altri familiari non autosufficienti. Ma quel che è più importante è che un lavoratore su due ha scelto di lavorare a tempo ridotto perché non ha trovato l’alternativa a tempo pieno. Infatti, il part-time involontario coinvolge 1,8 milioni di persone: 434 mila sono economicamente sottoccupate, con un gap ampio tra l’orario effettivo e quello desiderato, 16,7 ore prestate alla settimana contro 35,2 ambite.
Le nuove regole – Dati fin qui illustrati che tenderanno sicuramente a crescere grazie alla maggiore flessibilità concessa dalla Legge di Stabilità per il 2012 approvata dal Parlamento il 12 novembre scorso. Infatti, viene stabilito che il datore di lavoro possa decidere clausole più flessibili (durata della prestazione stessa) ed elastiche (variazione nel tempo della prestazione), sempre e comunque nel rispetto di quanto sancito dalla contrattazione collettiva. Anche la procedura per trasformare il rapporto di lavoro full-time in part-time diventa più snella: è stato infatti abrogato l’obbligo di convalida della trasformazione da parte della direzione provinciale del lavoro.