5 marzo 2014

Jobs act. Work in progress

Indennità massima per due anni e art. 18 bloccato per tre anni: ecco il piano “Jobs act”

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – In base al calendario delle riforme presentato all’opinione pubblica dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il mese di marzo tocca alla tanto discussa riforma del lavoro, che prende il nome di “Jobs act”. Il nuovo Governo, infatti, sta studiando un piano che possa alleviare le norme contenute nella Riforma “lacrime e sangue” della Fornero (L. n. 92/2012). Sono molti i lavoratori e pensionati speranzosi in buone notizie e smaniosi di conoscere le novità sull’importantissimo tema del Welfare. I primi temi a essere toccati saranno sicuramente gli ammortizzatori sociali, e l’articolo 18, per la prima volta ritoccato dall’ultima legge sull’occupazione in Italia. Vediamoli nel dettaglio.

Ammortizzatori sociali –
Sul fronte degli ammortizzatori sociali, attualmente rimane in vigore l’ASpI, anche se si sta studiando una forma di sostegno che non vada oltre i due anni, che, a parere delle prime stime, potrebbe avere un costo di 9,5 miliardi di euro. Per coprire tale fabbisogno, il piano prevede uno spostamento di 7 miliardi dalle prestazioni ASpI e di 2,5 dalla CIG in deroga, in vista di una sua progressiva eliminazione. Quindi, il sussidio alla disoccupazione dovrebbe essere ponderato in base ai contributi versati, ma allargando le possibilità di accesso, rispetto all’anno di contribuzione necessario per accedere all’Aspi.

Art. 18 e apprendistato – Quanto all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, si pensa a una sua sospensione nei primi tre anni di contratto, che dovrà essere a tempo indeterminato e con garanzie progressive. Altro intervento riguarda l’apprendistato, presentato come contratto principe dalla Riforma Fornero, ma mai pienamente decollata. Su questo aspetto l’obiettivo del Governo Renzi è quello di far guadagnare maggior vigore all’istituto contrattuale, semplificando l’instaurazione dei rapporti di lavoro.

Contratto a termine e di inserimento -
Infine, i tecnici stanno valutando come intervenire sulla flessibilità in entrata per evitare conseguenze negative su altri forme contrattuali. È il caso del contratto di inserimento e di quello a termine. Infatti se si optasse per un contratto di inserimento limitato alla prima assunzione e a quelle dei disoccupati da oltre 12 mesi, potrebbe scattare un’ulteriore semplificazione del contratto a termine, estendendo fino a 36 mesi la possibilità per l’imprenditore di ricorrere a questo strumento senza causale. Qualora si optasse, invece, per un intervento generalizzato, nessun intervento sarebbe previsto per il contratto a termine. Quindi, la partita sulla flessibilità in entrata è tutta ancora da decidere.
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