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Premessa – L’ultimo numero del mensile “Dati INAIL”, il quale ha dedicato uno speciale approfondimento alle caratteristiche degli infortuni e ai fattori di rischio per chi lavora in orari notturni, ha stabilito che gli infortuni avvenuti nel 2010 sono aumentati del 7,2% (1.317 in più rispetto al 2009). Dato nettamente in controtendenza rispetto al calo registrato nei due anni precedenti. Altra considerazione che emerge dalla lettura dell’ultimo numero del mensile in commento è che circa la metà degli infortuni che riguardano i lavoratori della notte, si concentra nella fascia oraria che va tra l’una e le due e in quella dalle cinque alle sei.
L’incidenza dei lavoratori notturni – Secondo i dati Istat, nel 2010, i lavoratori notturni sono stati 1,9 milioni, esattamente l’8,5% del totale degli occupati, di questi il 28,6% risultano donne. Fra gli occupati il 30% è impiegato esclusivamente in orario notturno, mentre un settimo è turnista (di questi i tre quarti hanno lavorato di notte una sola volta nel corso del mese).
I dati – Come accennato in premessa, gli infortuni notturni avvenuti nel 2010, rispetto a quelli del 2009, sono scesi del 7,2% (1.317 in più). Tant’è che il flusso di denunce comunicati all’INAIL, ha riportato il fenomeno ai livelli del 2006 e 2007, spiegando in parte la lenta ripresa delle attività notturne nel settore industriale. Spostando il focus dell’attenzione agli infortuni femminili, sempre nell’ambito di orari notturni, è possibile riscontrare un sostanziale aumento del 8,6% rispetto al 2009 (dati rapportati al 2010); mentre ancora più consistente è l’incremento tra i lavoratori notturni stranieri (+10,6%). Dato confortante, invece, se così possiamo definire, deriva dai numeri dei casi mortali, in quanto resta in linea con i dati registrati nel 2009: circa 50.
Le professioni a rischio – In termini percentuali, le professioni più soggette a infortunio sono proprio quelle svolte prevalentemente di notte: autisti (6,4%), infermieri e inservienti (5,2%), guardie giurate (4,8%) e operatori ecologici (4,2%). Mentre, tra i soli lavoratori stranieri le frequenze di infortunio più elevate sono tra i facchini (9,8%) e i magazzinieri (6,6%). Tuttavia, nel complesso, gli infortuni sul lavoro avvenuti di notte nel 2010 sono pari soltanto al 2,5% del totale.
Antibiologico – Come è noto, il lavoratore notturno è da tempo considerato come “antibiologico”, incrementando di conseguenza le probabilità di infortunio. Sul tema si è interessato uno studio eseguito dalla Consulenza statistico attuariale, il quale ha stabilito che il rapporto tra gli infortuni denunciati e i lavoratori esposti al rischio notturno, per l’anno 2010 è stata pari al 27%, inferiore a quella registrata per il totale dei lavoratori (34%). Il paradosso è solo apparente. Infatti, il fattore "antibiologico" può essere bilanciato dal fatto che molte lavorazioni con incidenza infortunistica elevata, come le costruzioni, sono svolte prevalentemente in orario diurno, mentre le attività industriali, notoriamente più pericolose, quando sono svolte a ciclo continuo, sono generalmente caratterizzate da un livello di automazione che è maggiore di notte rispetto alle ore diurne, con l'attività notturna spesso limitata al solo presidio e controllo dei macchinari.