Maggiori garanzie a tutela dell’attività professionale. È quanto affermano i Consulenti del Lavoro nel parere n. 6 del 30.05.2016 della Fondazione Studi in merito alle ultime pronunce riguardanti l’abusivismo professionale.
Il praticante “abusivo” - E s’intende infatti “abusivismo” anche l’attività del praticante che svolge regolarmente attività (demandate dalla L. 12/79 direttamente al Consulente abilitato e iscritto all’Albo) quali ad esempio la predisposizione di buste paga e la gestione degli aspetti previdenziali e fiscali di un datore di lavoro. In questa ipotesi, secondo le sentenze succedutesi, il praticante viola un vero e proprio precetto penale in quanto sebbene egli debba ancora acquisire un’adeguata formazione e soprattutto l’abilitazione all’esercizio della professione, la sua attività non può consistere in una “attività di individuazione, interpretazione e applicazione di una normativa complessa e di difficoltoso coordinamento”.
Aumentare i controlli – È questa la prerogativa secondo l’Assemblea Nazionale degli Ordini Territoriali dei Consulenti del Lavoro, i quali hanno discusso proprio delle azioni volte a contrastare questo fenomeno, che comporteranno sicuramente un maggiore controllo dei CED e CAF.
La Giurisprudenza – Anche nelle aule dei tribunali è stata sancita l’esclusività dell’esecuzione di alcune attività solamente agli iscritti al relativo albo, prendendo come punto di riferimento proprio la L. 12/79 (recante appunto le norme per l’ordinamento della professione di Consulente del lavoro) la quale all’art. 1 c. 1 recita “tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro […]”, i quali proprio in funzione della loro professione hanno le competenze per svolgere un’attività che comporta “individuazione, interpretazione e applicazione di una normativa complessa”, che il praticante non possiede ancora (Cass. 18488/2012). E il reato sussiste anche nel caso dell’impresa artigiana che affidi adempimenti in materia “di lavoro, previdenza ed assistenza sociale ad un’associazione di categoria” (ai sensi comunque dell’art. 1 c. 4, L. 12/1979) nel caso in cui l’accomandatario dell’associazione che provvede a tali adempimenti non sia iscritto all’albo professionale (Cass. N. 9725/2013).
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