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Novità in vista per i lavoratori italiani. La Commissione bilancio del Senato approva l’art. 8 della manovra-bis e l’emendamento della maggioranza. L’accordo locale potrà “ignorare” le tutele dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, rendendo i licenziamenti più facili. Camusso (Cgil): “Il governo sta cancellando la Costituzione. Non rinunceremo a nessuno strumento per cancellare l’art. 8”.
Premessa. L’attenzione sull’ormai famoso art. 8 della manovra-bis è tutta concentrata sul potere che la norma concede alla contrattazione aziendale di abolire l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, rendendo i licenziamenti più facili. Tradotto in termini sostanziali anche le aziende con più di 15 dipendenti potranno ricorrere più facilmente senza giusta causa, aggirando il divieto sancito dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Modifiche all’art. 8. Le novità. La novità introdotta consiste nel legittimare la contrattazione aziendale e/o territoriale a regolamentare le materie inerenti all’organizzazione del lavoro e della produzione, in via assolutamente autonoma, cioè senza tener conto (in deroga) di quanto fissato dalla contrattazione nazionale (ccnl) e dalle norme di legge. In pratica, con le intese aziendali o territoriali, limitatamente alle materie delegate, le imprese possono ottenere il via libera del sindacato ad adottare, nelle loro aziende, una regolamentazione diversa dalle norme di legge e dalle disposizioni del ccnl applicato all'impresa.
Il potere dei sindacati “locali”. La facoltà è praticabile mediante contratti collettivi sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale (anche il livello territoriale è una novità emendata) ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda, purché (questa è un'altra precisazione emendata) in base all'accordo 28 giugno 2011.
Le ragioni. Gli accordi aziendali o territoriali, sono praticabili solo in alcune specifiche ipotesi, ossia quando le relative intese siano finalizzate a: maggiore occupazione; qualità dei contratti di lavoro; emersione del lavoro irregolare; incrementi di competitività e salario; gestione crisi aziendali e occupazionali; investimenti e avvio di nuove attività.
Le materie. Le intese potranno riguardare la regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione incluse quelle relative:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell’orario di lavoro;
e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro.
Casi esclusi da deroga. Restano escluse dalla contrattazione aziendale alcune materie e norme generali a tutela di diritti e interessi superiori. Innanzitutto, resta escluso da possibile deroga i licenziamenti discriminatori, inoltre non si potranno fare accordi locali su temi quali:
- il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio;
- il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino;
- il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento”.
Le reazioni. Dura la reazione di Susanna Camusso, leader della Cigl: “Le modifiche della maggioranza di governo all’articolo 8, indicano la volontà di annullare il contratto collettivo nazionale di lavoro e di cancellare lo Statuto dei lavoratori, e non solo l’articolo 18, in violazione dell’articolo 39 della Costituzione e di tutti i principi di uguaglianza sul lavoro che la Costituzione stessa richiama”. Mentre l’opposizione (Giovanni Legnini, sentore del Pd) parla di “pura follia giuridica e politica”.