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Premessa – Apprendistato e contratto a termine. Sono queste le due tipologie contrattuali principali per l’ingresso nel mondo del lavoro. Il compito a esse affidato sarà arduo: rialzare il livello occupazionale del Paese, soprattutto quello giovanile. Per raggiungere tale obiettivo, i Ministeri competenti hanno apportato di recente notevoli cambiamenti normativi alla Riforma Fornero (L. n. 92/2012), la quale ha rivisto la disciplina del contratto a termine e dell’apprendistato. A tal proposito, va precisato che nonostante nelle assunzioni a tempo determinato i paletti posti al loro utilizzo sono solo parzialmente compensati da alcune agevolazioni, nel contratto di apprendistato è massima la spinta alla valorizzazione per uno strumento che dovrebbe diventare “la modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro”. Di certo su entrambe le tipologie contrattuali per i datori di lavoro restano alcuni punti da approfondire che evidenzieremo di seguito.
Contratti a termine – Iniziando dai contratti a tempo determinato, una delle maggiori criticità riscontrate dalle aziende riguarda i termini più ampi d'intervallo previsti fra un rinnovo di contratto e l'altro. Infatti, dal 18 luglio in poi, gli intervalli di riassunzione dovranno necessariamente passare: 60 giorni (per i contratti di durata inferiore a 6 mesi) e 90 giorni (per quelli di durata superiore ai 6 mesi). Tuttavia, i predetti termini, come previsto dall’art. 1, c. 9, lett. h), della L. n. 92/2012, hanno sancito che la contrattazione collettiva possa prevedere, “stabilendone le condizioni”, la riduzione di tali periodi, rispettivamente, fino a 20 giorni (per i contratti inferiori ai 6 mesi) e fino a 30 giorni (per i contratti superiori ai 6 mesi), nei casi in cui l’assunzione a tempo determinato avvenga nell’ambito di un particolare processo organizzativo connesso a ragioni di: avvio di una nuova attività; lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; rinnovo o proroga di una commessa consistente. A tali casi, così come stabilito dal c.d. “D.L. Sviluppo” (L. n. 83/2012), potranno aggiungersi anche i termini di assunzione dei lavoratori stagionali. A tal proposito, il Ministero del Lavoro in una recente circolare ha rimesso alla contrattazione collettiva un'ampia possibilità d'intervento. Infatti, s’intende valida ogni altra ipotesi di riduzione degli intervalli da parte della contrattazione nazionale, territoriale o aziendale, anche in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle legate ai processi organizzativi sopra considerati, senza che in tal caso sia però previsto un ruolo sostitutivo del Ministero. Ma il problema immediato resta, dal momento che sono oltre 400mila i contratti a tempo determinato in scadenza a fine anno e che i tempi sono troppo stretti per intervenire, poiché gli attuali accordi collettivi raramente prevedono clausole di questo tipo.
Apprendistato – Quanto all’apprendistato, è stato più volte affermato che quest’ultimo dovrà diventare l’asso portante nei prossimi anni per risollevare l’elevata disoccupazione in cui versa il nostro Paese. Infatti, a seguito dell’entrata in vigore del T.U. sull’apprendistato (D.Lgs. n. 167/2011), e le successive modifiche introdotte dalla L. n. 92/2012 (Riforma del Lavoro), l'apprendistato è stato profondamente aggiornato con l'obiettivo di semplificarne l'utilizzo e renderlo così più conveniente per le aziende. Oggi, come previsto dalla “Legge di Stabilità 2012” (L. n. 183/2011), chi assume una persona come apprendista può contare su rilevanti sgravi contributivi. Infatti, è prevista la decontribuzione totale dei contributi solo: ai datori di lavoro che occupano un numero di addetti pari o inferiore a 9; ai contratti di apprendistato stipulati a partire dal 1° gennaio 2012 e sino al 31 dicembre 2016; per un massimo di tre anni, a prescindere della durata del contratto. Tuttavia, al fine di evitare che questo aspetto diventi preponderante, il legislatore ha introdotto al contempo delle norme che premiano chi conferma in servizio il personale al termine del percorso formativo. Pertanto, affinché i datori di lavoro che occupano fino a 10 dipendenti possano assumere un nuovo apprendista, è necessario che l’impresa garantisca almeno il 50% di stabilizzazione in servizio nell’ultimo triennio, esclusi i periodi di prova, dimissioni o licenziamenti per giusta causa. Tuttavia, per i primi 36 mesi dalla data di entrata in vigore della Riforma (ossia fino al 18 luglio 2015) la percentuale minima scende al 30%. Sul fronte semplificazione, invece, è stato aumentato il potere regolatorio concesso ai contratti collettivi per quanto riguarda l'apprendistato professionalizzante, che è poi la forma più diffusa.