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Premessa – È possibile utilizzare i co.co.pro. nelle ONG/ONLUS e nelle organizzazioni socio assistenziali qualora l’attività del collaboratore sia connotata da elementi di specificità puntualmente declinati nel progetto e finalizzati al raggiungimento di un autonomo risultato conseguito attraverso un’attività che presenti margini di autodeterminazione del prestatore. Viceversa, non rientra nell’alveo dei co.co.pro. la figura del promoter, in quanto svolge la propria attività con caratteristiche pressoché analoghe a quelle dei commessi e/o addetti alle vendite che difficilmente risultano inquadrabili nell’ambito di un genuino rapporto di co.co.pro., pur risultando astrattamente riconducibili ad altri rapporti di natura autonoma. A chiarirlo è il Ministero del Lavoro con la circolare n. 7 di ieri, fornendo alcuni chiarimenti in merito alla utilizzabilità dei co.co.pro. in particolari ambiti.
ONG/ONLUS – Le ONG/ONLUS, che operano prioritariamente per il raggiungimento di scopi sociali e umanitari, caratterizzano il proprio oggetto e l’attività svolta dagli appartenenti alle stesse, che operano attraverso forme di collaborazione gratuite ovvero mediante tipologie contrattuali di natura subordinata o autonoma. In tale contesto, quindi, è possibile individuare specifici progetti che, pur contribuendo al raggiungimento dello scopo sociale, se ne distinguono per una puntuale declinazione di elementi specializzanti che consentono anche l’attivazione di forme di co.co.co. riconducibili alla disciplina di cui agli artt. 61 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003 (Legge Biagi). In particolare la circolare ministeriale chiarisce che, ove l’attività del collaboratore sia connotata da elementi di specificità puntualmente declinati nel progetto e finalizzati al raggiungimento di un autonomo risultato conseguito attraverso un’attività che presenti margini di autodeterminazione del prestatore, appare possibile l’utilizzo dell’istituto in esame. Nel dettaglio, gli elementi per una genuina co.co.pro. sono i seguenti: assoluta determinatezza dell’oggetto dell’attività inteso anche come parte integrante del più generale obiettivo perseguito dall’organizzazione; circoscritta individuazione dell’arco temporale per l’espletamento dell’attività progettuale in funzione dello specifico risultato finale; apprezzabili margini di autonomia anche di tipo operativo da parte del collaboratore, obiettivamente riconoscibili nelle modalità di svolgimento della prestazione stessa ossia per lo svolgimento di compiti non meramente esecutivi; possibilità di obiettiva verifica circa il raggiungimento dei risultati attesi.
Attività promoter – Quanto all’attività di promoter, che consiste in sostanza nell’espletamento di compiti per lo più di carattere operativo in attuazione di indicazioni organizzative e logistiche impartite dall’azienda committente (organizzazione di un evento e/o sponsorizzazione di un determinato prodotto), il Ministero del Lavoro la include nell’alveo dei commessi e/o addetti alle vendite che difficilmente risultano inquadrabili nell’ambito di un vero rapporto di co.co.pro., pur risultando astrattamente riconducibili ad altri rapporti di natura autonoma. Tuttavia, le prestazioni in argomento svolte senza vincolo di subordinazione devono ritenersi di carattere occasionale sino al conseguimento di un reddito annuo, derivante da tale attività, non superiore ad euro 5.000. Ciò detto, il personale ispettivo dovrà esaminare la fattispecie concreta posta in essere ed eventualmente ricondurre nell’alveo della subordinazione le eventuali collaborazioni a progetto, previa puntuale verifica dell’assenza dei requisiti richiesti dall’art. 61, D.Lgs. n. 276/2003, o della sussistenza di quelli di cui all’art. 2094 c.c.