20 marzo 2012

Pensioni. Le linee guida per la P.A.

Invariati i limiti massimi di età per la permanenza in servizio

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa - A seguito dell’entrata in vigore della “Manovra Monti” (L. n. 214/2011, di conversione al D.L. 201/2011), che riscrive modi, tempi e calcoli per accedere ai vari trattamenti pensionistici, il Dipartimento della Funzione Pubblica, di concerto con il M.L.P.S., il M.E.F. e l’INPS hanno fornito una serie di indicazioni interpretative per un’omogenea applicazione della disciplina nei confronti dei dipendenti della P.A. In particolare, viene precisato che la nuova disciplina pensionistica non ha modificato i limiti massimi di età per la permanenza in servizio, ma le amministrazioni proseguiranno il rapporto di lavoro fino al conseguimento del requisito minimo per il diritto alla pensione.

La pensione di vecchiaia – Inizialmente viene precisato che i dipendenti della P.A., sia uomini che donne, possono accedere alla pensione di vecchiaia solo se in possesso di un’età minima di 66 anni e una contribuzione minima di 20 anni. Per i lavoratori il cui primo accredito contributivo decorre dopo l’1.1.1996, è inoltre richiesto che l’importo della pensione non sia inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale; limite derogabile qualora si è in possesso di un’età anagrafica pari a 70 anni, fermo restando il conseguimento di 5 anni di contributi.

La pensione anticipata - Per quanto concerne invece i contributi da maturare per accedere alla pensione anticipata, occorrono 42 anni e un mese di contributi per gli uomini e 41 anni e un mese di contributi per le donne. Requisiti che andranno ad aumentare di un mese nel 2013 e di un’ulteriore mese nel 2014.

I lavoratori “precoci” - Altro punto trattato dalla circolare, opportunamente modificato dalla recente conversione in legge del decreto “Milleproroghe 2012”, riguarda la penalizzazione per i lavoratori “precoci”. Infatti, chi decide di pensionarsi a un’età inferiore ai 62 anni, riceverà un punto di penalizzazione che aumenteranno di due punti per ogni anno anticipato dopo il secondo. Tuttavia, tale disposizione non entrerà immediatamente in vigore, ma decorreranno solamente a partire dal 1° gennaio 2018. Inoltre, il periodo minimo di contribuzione deve essere raggiunto attraverso contributi derivanti da prestazioni di lavoro effettivo, compresi quelli figurativi accreditati per l’astensione obbligatoria per maternità, per l’assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e C.I.G.O. A tal fine, quindi, vengono esclusi i periodi di C.I.G.S. e i contributi figurativi per disoccupazione indennizzata.

I pensionati pre-riforma - Proseguendo, la circolare tiene a precisare che i dipendenti pubblici che hanno raggiunto i requisiti previgenti entro il 31 dicembre 2011, possono accedere ai trattamenti pensionistici con le regole pre-riforma. Pertanto, anche se ancora in servizio, tali dipendenti non ricadono nella nuova riforma previdenziale, neanche su opzione, fermorestando però l’applicazione del regime contributivo pro-rata per le anzianità maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012.

I limiti di età per la permanenza in servizio - Come accennato in premessa, restano immutati i limiti di età per la permanenza in servizio. Pertanto, per tutti i dipendenti i limiti fissati dalla normativa generale sono pari a 65 anni (per i dipendenti dello Stato) e 70 anni (per i dipendenti degli Enti pubblici); mentre per quelli stabiliti per particolari categorie (ovvero magistrati, avvocati, procuratori dello Stato e professori ordinari) l’età è di 70 anni.

Risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro – Infine, la Funzione Pubblica stabilisce che, nel 2013, le amministrazioni potranno procedere alla risoluzione unilaterale del rapporto qualora i dipendenti abbiano maturato 42 anni e 5 mesi di contributi e 41 e 5 mesi per le dipendenti. Opzione comunque non praticabile se il dipendente ha un’età anagrafica inferiore ai 62 anni, al fine di evitare eventuali penalizzazioni sul trattamento economico.
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