Premessa – Come ampiamente discusso nei mesi scorsi sulle pagine di fiscal-focus.info, la Legge di Stabilità 2015 (L. n. 190/2014) all’art. 1 c. 26-34 ha introdotto una misura estremamente interessante in favore dei lavoratori del settore privato con anzianità di servizio di almeno 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro. Infatti, accanto alla possibilità di poter destinare il Tfr in un fondo di previdenza complementare oppure mantenerlo semplicemente in azienda per fruirne in caso di interruzione del rapporto di lavoro, il Governo Renzi ha introdotto una terza possibilità: ossia quella di poter anticipare, su base volontaria, il proprio trattamento di fine rapporto (ora più tecnicamente chiamato “PIR”, ossia parte integrativa di retribuzione) mensilmente in busta paga. La parte di Tfr che andrà in busta paga, però, vale esclusivamente per la quota maturanda, ossia il TFR maturato nel periodo “1° marzo 2015-30 giugno 2018” e scatta dal momento in cui si effettua la scelta.
Decorrenza - La misura, introdotta in via sperimentale, vale per un triennio, ossia dal 1° marzo 2015 fino al 30 giugno 2018 (40 mesi in tutto). Inoltre, altra cosa su cui prestare massima attenzione è l’irrevocabilità della scelta. Infatti, la scelta, se effettuata, non può più essere revocata e resterà operativa fino al 30 giugno 2018.
Effetto non retroattivo – Ma qual è il momento a partire dal quale la PIR entra a far parte della busta paga mensile dei lavoratori? Ebbene, esso dipende dal momento in cui si fa la scelta che, come accennato in premessa, può essere fatta nel periodo “1° marzo 2015-30 giugno 2018”. Quindi, niente da fare per il Tfr maturato ante 1° marzo 2015, il quale non potrà essere monetizzato e dovrà essere lasciato in azienda oppure destinato in un fondo di previdenza complementare.
Regime fiscale – Altro fattore da tenere d’occhio riguarda la tassazione che si applica sulla PIR. Infatti, anziché la tassazione separata, si applica l’aliquota marginale IRPEF ordinaria. Ciò obbliga i diretti interessati a valutarne la convenienza, che si differenzia in base ai redditi in capo a questi ultimi. In pratica, all’aumentare del reddito automaticamente diventa anche più onerosa la PIR rispetto al Tfr considerato come “buonuscita” o a quello investito nella previdenza integrativa. In altri termini, l’aumento di livello della retribuzione fa crescere lo svantaggio fiscale per chi opta per la liquidazione in busta paga.
Soggetti interessati – Infine, non bisogna dimenticare che la nuova possibilità concessa dalla Manovra Finanziaria 2015 non riguarda esclusivamente i lavoratori del settore privato, ma anche coloro che hanno già deciso di destinare il Tfr ai fondi di previdenza integrativa. In questo caso, hanno la possibilità di revocare la precedente scelta per ricevere il Tfr in busta paga. Attenzione però. Non bisogna essere incauti. Come detto, infatti, la scelta è irrevocabile e il lavoratore dovrà conviverci fino alla fine del periodo sperimentale (30 giugno 2018).
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