9 luglio 2012

Riforma del lavoro. È la fine del “job on call”?

La riforma del lavoro rende pressoché inapplicabile il contratto intermittente, limitandone l’uso per i soli lavoratori inferiori a 24 anni e superiori a 55 anni.
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – A seguito della recente approvazione della riforma del lavoro, sorge inevitabilmente un dubbio circa l’applicazione del contratto di lavoro intermittente (detto anche “a chiamata” o “job on call”). Diventerà meno precario o, estremizzando quanto potrà accadere, smetterà di essere un vero e proprio contratto di lavoro giacché le più pressanti condizioni imposte ai datori di lavoro faranno inesorabilmente, per quanto lentamente, scomparire codesta particolare tipologia contrattuale? Ebbene sì, perché la nuova disciplina del contratto di lavoro intermittente prevede che esso si potrà applicare esclusivamente ai lavoratori di età inferiore ai 24 anni e superiore ai 55 anni riducendo di conseguenza, e non di poco, la platea dei cittadini che sarebbe possibile assumere. Ciò fa sì che rimarrebbero ipotesi talmente residuali da renderlo di fatto inattuabile. Per non parlare, poi, della definitiva e completa abrogazione del cosiddetto contratto di lavoro intermittente “weekend” (compresi i periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali) sul quale moltissimi datori di lavoro avrebbero in questi anni fatto affidamento per gestire, nel migliore e più economico dei modi, il surplus lavorativo che, in moltissimi settori, si verificherebbe proprio durante il weekend.

Lavoro a chiamata
– Il lavoro a chiamata, detto anche “intermittente” o “job on call”, è un particolare contratto di lavoro che consente alle parti di regolarizzare esclusivamente un rapporto di natura occasionale. Gli obblighi tra le parti scattano solo nel momento in cui avviene la chiamata e il lavoratore mantiene gli stessi diritti retributivi e previdenziali di un qualsiasi lavoratore subordinato anche se in misura proporzionale alla prestazione lavorativa effettivamente svolta. Di converso, il datore di lavoro deve applicare analoghi trattamenti degli altri lavoratori occupati, in quanto è espressamente previsto il principio di non discriminazione. Pertanto, il lavoratore viene assicurato contro gli infortuni sul lavoro, ma anche alle gestioni pensionistiche e, inoltre, devono essere garantite le norme in materia di sicurezza sul lavoro e spettano, oltre alla retribuzione per le ore lavorate, anche le mensilità aggiuntive e il T.F.R.

Contratto intermittente –
Cambiano i limiti di età per i soggetti che possono accedere al contratto di lavoro intermittente. Infatti, esso può essere applicato a lavoratori: sotto i 24 anni (prima erano 25); e sopra i 55 anni (prima erano 45).

Lavoro feriale – Come accennato in premessa, viene eliminata la possibilità di poter usufruire del “job on call” durante il weekend, per i periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali, riducendo notevolmente la platea dei soggetti che possono ricorrere a tale tipologia di contratto.

Obblighi comunicazionali – Altra novità consiste nell’obbligo da parte del datore di lavoro, per prestazioni non superiori a 30 giorni, di comunicare alla D.T.L. competente per territorio la durata del contratto, avvalendosi di modalità semplificate (sms, fax o posta elettronica). In caso di mancata comunicazione, il datore vedrà recapitarsi una sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro.

Estinzione – Infine, è bene sottolineare che i contratti di lavoro intermittenti, sottoscritti prima del 18 luglio (data di entrata in vigore della riforma del lavoro), cessano di produrre gli effetti decorsi 12 mesi dalla predetta data.

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