6 luglio 2012

Riforma del lavoro. Part-time più flessibile

In determinate circostanze il lavoratore può chiedere la revoca al consenso precedentemente prestato all’inserimento di clausole flessibili o elastiche
Autore: Redazione Fiscal Focus

Premessa – Da quando il Governo ha cominciato a lavorare sulla riforma del lavoro (L. n. 92/2012) l’attenzione dei mass-media e della stampa si è concentrata maggiormente sulle novità in tema di licenziamento, in particolare sull’art. 18. Tuttavia, la riforma tocca anche molti altri interessanti istituti del diritto del lavoro, senza tralasciare di introdurre qualche novità anche in materia di lavoro a tempo parziale. È pur vero che si tratta di interventi piuttosto “marginali” quanto alla portata complessiva, ma è anche vero che poi all’atto pratico non potrebbero rivelarsi tali.

Legge di Stabilità 2012 – Prima di esaminare le novità introdotte, appare doveroso ricordare che la “Legge di Stabilità 2012” (L. n. 183/2011) aveva già modificato la previgente disciplina del contratto di lavoro a tempo parziale, con efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2012. Dunque, con la suddetta disciplina è stato reso più semplice per il lavoratore chiedere il part-time, in quanto esso prevede clausole più flessibili (durata della prestazione stessa) ed elastiche (variazione nel tempo della prestazione). Inoltre, esse possono essere liberamente stabilite tra le parti, nel rispetto sempre e comunque di quanto eventualmente stabilito dalla contrattazione collettiva. Altra novità introdotta riguarda l’obbligo da parte del datore di lavoro di dare un preavviso di almeno 2 giorni nel caso in cui intenda procedere alla variazione in aumento della prestazione lavorativa o modificare la collocazione temporale della stessa. Da ultimo va segnalata l’abolizione dell’obbligo di convalida da parte della D.P.L. della trasformazione del contratto da tempo pieno a tempo parziale, per cui sarà sufficiente il solo accordo scritto fra le parti.

Le novità – L’attuale riforma del welfare invece, interessa due diverse fattispecie, entrambe collocate nell'articolo 3 del D.Lgs. n. 61 del 25 febbraio 2000. La prima riguarda alla possibilità di intervento e di regolamentazione affidata ai contratti collettivi che ora possono stabilire: le condizioni e le modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa (clausola flessibile), ovvero può variare in aumento la durata della medesima (clausola elastica); e i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa. E non solo. I contratti collettivi possono determinare anche “condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l'eliminazione ovvero la modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche stabilite ai sensi del presente comma”. Naturalmente si tratta di una misura non molto gradita alle imprese, anche se i nuovi vincoli dovranno risultare dal comune accordo delle parti collettive. L’altra novità consiste nella facoltà in determinati casi di poter revocare il consenso prestato all’inserimento di clausole flessibili o elastiche. Nel dettaglio tale opzione può essere esercitata nei seguenti casi: lavoratori affetti da patologie oncologiche, accertate da una commissione medica istituita presso l'ASL; sussistenza di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice; lavoratore o lavoratrice che assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa che assuma connotazione di gravità, alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari al 100%, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita; lavoratore o lavoratrice, con figlio convivente non superiore a 13 anni; lavoratore o lavoratrice con figlio convivente portatore di handicap; lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali.

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