29 novembre 2013

Rischi bassi in azienda? Ok alla procedura standardizzata

L’azienda che presenta bassi rischi chimici e biologici può adottare le procedure standardizzate

Autore: redazione Fiscal Focus
Premessa – Basta adottare le procedure standardizzate se l’azienda che occupa fino a 50 lavoratori non espone i lavoratori al rischio chimico e quello biologico. Se, invece, dall’esito della valutazione dei rischi non ricorrano le condizioni di mancata esposizione appena richiamate, non sarà possibile utilizzare le procedure standardizzate. A chiarirlo è la Commissione interpelli per la sicurezza sui luoghi di lavoro con l’interpello n. 14/2013.

Il quesito –
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha avanzato richiesta di interpello in merito al possibile utilizzo delle procedure standardizzate per le aziende che occupano fino a 50 lavoratori, il cui rischio chimico sia risultato “basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori” e il cui rischio biologico sia risultato “non evidenzia rischi per la salute dei lavoratori”. Inoltre, è stato chiesto di sapere se tutte le aziende che occupano fino a 50 lavoratori, il cui rischio chimico sia risultato “non basso per la sicurezza e/o non irrilevante per la salute dei lavoratori” e il cui rischio biologico “evidenzia rischi per la salute dei lavoratori” non debbano utilizzare le procedure standardizzate oppure se vi siano esclusioni per alcune attività lavorative (ad es. istituti di istruzione, uffici in genere, ecc.), per le quali sia comunque consentita la valutazione dei rischi utilizzando le procedure standardizzate.

Valutazione dei rischi – In via preliminare, la Commissione interpelli della sicurezza sul lavoro ricorda quanto contenuto nell’art. 29, c. 6, del D.Lgs. n. 81/2008 (T.U. Sicurezza), ossia che “i datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all’art. 6, c. 8, lett. f)”. Tali valutazioni, tuttavia, devono ritenersi escluse per le “aziende in cui si rivolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all’esposizione ad amianto”. Inoltre, ai sensi dell’art. 223, c. 1, del D.L.gs. n. 81/2008 e smi impone al datore di lavoro, nell’ambito della valutazione dei rischi di cui all’art. 28, del citato decreto, di determinare “preliminarmente l’eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro” e di valutare “anche i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti”.

Risposta MLPS – Alla luce di quanto su affermato, viene chiarito che qualora non si svolgano in azienda attività che espongono i lavoratori al rischio chimico, il datore di lavoro di un’impresa che occupa fino a 50 lavoratori può adottare le procedure standardizzate (art. 6, c. 8, lett. f) del D.Lgs. n. 81/2008). Tale orientamento è rilevabile all’interno dell’art. 224, c. 2, del D.Lgs. n. 81/2008, il quale prevede che “se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità di frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al c. 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli art. 225, 226, 229, 230”. Analoghe considerazioni vanno fatte per il rischio biologico. È chiaro che se dall’esito della valutazione dei rischi non ricorrano le condizioni di mancata esposizione appena richiamate, non sarà possibile utilizzare le procedure standardizzate.
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