Il datore di lavoro non può trattenere parte del compenso erogato al proprio dipendente a titolo di “eventuali” sanzioni amministrative pecuniarie. Ciò in ragione del fatto che il datore di lavoro può richiedere il risarcimento di un danno derivante da inadempimento dello stesso contratto di lavoro, sempreché quest’ultimo risulti certo, liquido ed esigibile (art. 633 c.p.c.). Quindi, considerato che non si è certi che l’evento si verifichi, il datore di lavoro non può trattenere tale somma a titolo di eventuali multe future.
Il chiarimento è stato fornito dalla Fondazione Studi CdL in risposta a un quesito giunto dalla rete.
Il quesito – La Fondazione Studi CdL è stata interrogata in merito all’esistenza o meno di un diritto in capo all’azienda di trattenere dall’ultimo compenso un importo per eventuali sanzioni amministrative pecuniarie. Nel caso di specie, il quesito riguarda un lavoratore - il cui contratto di lavoro è scaduto il 30 aprile scorso - che per svolgere l’attività lavorativa si serviva di un’auto aziendale. In ragione di ciò, l’azienda ha comunicato al proprio dipendente che tratterrà 250 euro dall’ultimo stipendio per eventuali multe che potrebbero arrivare in futuro; soldi, questi, che verranno restituiti dopo 150 giorni.
Alla luce di quanto sopra, è stato chiesto se l’azienda si può arrogare di questo diritto.
La trattenuta – Per rispondere al quesito posto, gli esperti della Fondazione Studi chiariscono dapprima che il datore di lavoro può operare delle trattenute sul compenso netto a titolo per esempio di quote sindacali, sanzioni, disciplinari, danni, ecc. In particolare, il datore di lavoro può compensare pienamente l’entità del danno causato dal lavoratore trattenendo dalla retribuzione netta parte della stessa (Cass. 6 febbraio 1987 n. 12459); a condizione che il danno sia stato preventivante contestato.
La trattenuta sulla retribuzione netta in compensazione del danno necessita di due condizioni ulteriori che:
• il datore di lavoro contesti preventivamente il danno al lavoratore;
• la trattenuta avvenga nel limite della prescrizione decennale.
Inoltre, occorre mettere in evidenza che l’istituto della compensazione e la relativa normativa codicistica – ivi compreso l’art. 1246 c.c. sui limiti della compensabilità dei crediti – presuppongono l’autonomia dei rapporti cui si riferiscono i contrapposti crediti delle parti e non operano quando essi nascano dal medesimo rapporto, il quale può comportare soltanto un semplice accertamento contabile di dare e avere, come avviene quando debbano accertarsi le spettanze del lavoratore autonomo o subordinato (Cass. n. 5024/2009).
Risposta CdL – Ciò detto, ne deriva che il datore di lavoro può richiedere il risarcimento di un danno derivante da inadempimento dello stesso contratto di lavoro, sempreché quest’ultimo risulti certo, liquido ed esigibile (art 633 c.p.c.). Un debito è certo se non controverso nella sua esistenza (ad esempio per contestazioni, controversie giudiziali, ecc.), mentre o è liquido quando il suo ammontare risulta precisamente determinato o facilmente determinabile ed è esigibile quando non è sottoposto a condizioni o termini.
Ne consegue che nel caso di specie, visto che non si è certi che l’evento si verifichi, il datore di lavoro non può trattenere tale somma a titolo di eventuali multe future.
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