22 luglio 2016

STRESS LAVORO-CORRELATO: PESANTI SANZIONI SUL DATORE DI LAVORO IN CASO DI INADEMPIENZA

Autore: DEBHORAH DI ROSA
Lo scorso 14 luglio si è svolto a Roma un convegno nazionale in seno al quale si è approfondito il Piano di monitoraggio e di intervento della valutazione e gestione dello stress lavoro-correlato, finanziato dal Ministero della Salute e coordinato dall’INAIL: si tratta di una piattaforma che segue tutto il percorso di gestione del rischio per individuare le variabili che influiscono sullo stress, che in ambito lavorativo può essere misurato sulla base di alcuni indici standard: il carico di lavoro, le relazioni interpersonali, il supporto che si ha dall’organizzazione e dai colleghi.
Tutti i datori di lavoro sono obbligati, a partire dall’1 gennaio 2011, ad effettuare la valutazione dello Stress Lavoro Correlato. Si tratta di un adempimento che va ripetuto con una frequenza non inferiore ai tre anni, salvo che gli esisti delle valutazioni pregresse non indichino situazioni di disagio che inducano ad adottare provvedimenti più restrittivi e conseguentemente tempistiche più ravvicinate. Valutare il rischio ad esso correlato e mettere in atto misure adeguate a prevenirlo è infatti indispensabile non solo perché si tratta di un obbligo previsto dal Testo unico della sicurezza sul lavoro, ma anche per il benessere dei lavoratori e la produttività dell’azienda stessa.
L’UE negli ultimi anni ha attenzionato in modo particolare i rischi emergenti, attraverso una serie di indagini rivolte non solo a identificare e monitorare la situazione e i disagi derivanti da rischi psicosociali quali lo Stress, la violenza e le molestie, ma anche a fornire strumenti utili per la valutazione e l’adozione di adeguate misure preventive e/o correttive terapeutiche.

Definizioni e caratteri del rischio
Lo stress lavoro-correlato non è una malattia ma una situazione prolungata di tensione che può ridurre l’efficienza e determinare un cattivo stato di salute.
La definizione parte dal comune concetto di stress, inteso come quello stato, caratterizzato da malessere e disfunzioni fisiche, psicologiche o sociali, che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di rispondere adeguatamente alle richieste o alle attese nei loro confronti. Non si tratta dunque di una vera e propria malattia, ma di una condizione innescata nell’organismo umano come reazione ad una fonte o sollecitazione esterna che comporta una serie di adattamenti che, se protratti nel tempo, possono assumere connotazioni patologiche. Lo stress infatti, percepito entro livelli fisiologici, ha effetti positivi sull’organismo, attivando la capacità di reagire in modo efficace ed efficiente agli stimoli esterni e di innescare un’adeguata soglia di attenzione verso le esigenze dell’ambiente: si parla in questo caso di eustress. Al contrario, un’esposizione prolungata a fattori stressogeni (c.d. distress) invece, può essere fonte di rischio per la salute dell’individuo, sia di tipo psicologico che fisico, riducendo l’efficienza sul lavoro (assenteismo, malattia, richieste di trasferimenti…).

Con specifico riferimento agli ambienti di lavoro, si definisce Stress da Lavoro Correlato, la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste del contenuto, dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro, eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste.
La risposta allo stress avviene in tre fasi:
  1. nella prima fase, definita di allarme, lo stress suscita nell’organismo un senso di allerta ed attiva dei processi psicofisiologici, come l’aumento del battito cardiaco, l’iperventilazione;
  2. nella seconda fase, detta di resistenza, l’organismo tenta di adattarsi alla situazione e gli indici fisiologici tendono ad abbassarsi;
  3. nel caso in cui l’adattamento non sia sufficiente, si arriva alla terza fase, quella dell’esaurimento, in cui l’organismo non riesce più a difendersi e la naturale capacità di adattamento viene a mancare.

Con il passare del tempo, uno stress non controllato o controllato male può portare a conseguenze gravi:
  • di tipo fisico: frequenti e intense emicranie, tensioni muscolari, problemi digestivi e formazione di ulcere, diarrea, colite, malfunzionamento della tiroide, facilità ad ammalarsi, ipertensione e disturbi cardiaci;
  • di tipo psicologico: cattivo umore, noia, depressione, affaticamento, attacchi di ansia, scarsa stima di sé, mancanza o difficoltà di concentrazione, distrazioni frequenti, continui pensieri negativi su sé stessi;
  • di tipo comportamentale: ad esempio, possono verificarsi disturbi del sonno, tendenza a bere e fumare più del solito, alimentazione disordinata, difficoltà a rilassarsi e a stare fermi, iperattività.

La valutazione del rischio
Ai sensi del D.Lgs. 81/2008, la valutazione del rischio stress lavoro correlato deve essere inserita, in un apposito fascicolo, all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi.
La valutazione non può limitarsi a un’indicazione generica, ma devono essere riportati:
  • i criteri di valutazione utilizzati nell’analisi del rischio stress lavoro correlato;
  • le opportune misure di prevenzione necessarie o i programmi delle varie procedure da mettere in atto;
  • le mansioni che possono esporre i lavoratori al rischio di stress;
  • i riferimenti dei ruoli all’interno dell’organizzazione che hanno il dovere di provvedere alla redazione del DVR.

Il processo di valutazione del rischio parte dall’identificazione delle fonti di stress nell’ambiente di lavoro, attraverso l’utilizzo di opportuni indicatori suddivisi tra:
  • elementi derivanti dal contesto lavorativo: comunicazione, scarsi livelli di sostegno e assenza di obbiettivi professionali, ambiguità nella definizione della carriera professionale e del ruolo all’interno dell’azienda; a mancanza di autonomia relativamente alle responsabilità assegnate e a difficoltà nel gestire rapporti interpersonali sul luogo di lavoro;
  • elementi riconducibili al vero e proprio contenuto del lavoro: orari di lavoro particolarmente pesanti, anche per esempio sui turni, a carichi di lavoro eccessivi, a organizzazione del lavoro inadeguata rispetto alle competenze professionali, e infine (ma non ultimo) a carenze infrastrutturali del luogo di lavoro, come ad esempio scarsa illuminazione, temperature disagevoli, scarse condizioni igieniche, spazi insufficienti.

Lo stress nel lavoro deve essere valutato alla pari degli altri rischi e deve essere evitato utilizzando le opportune misure di prevenzione (Vedi Tabella 1).

Le sanzioni
Qualora la valutazione dello stress nella compilazione del DVR non risulti effettuata, il datore di lavoro è soggetto al pagamento di una sanzione che va da un minimo di 2.500 euro fino ad un massimo di 6.400, con l’arresto da 3 a 6 mesi nei casi più gravi. Analoga sanzione è applicata anche se il fascicolo sul rischio stress è redatto senza l’effettiva presenza del RSPP (responsabile servizio prevenzione e protezione) e del medico competente.
Se nel fascicolo mancano i criteri di valutazione utilizzati nell’analisi della valutazione del rischio stress lavoro correlato, o le mansioni più a rischio, la pena prevista è un’ammenda tra i 1.000 ed i 2.000 euro.
La mancata consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza nella redazione del fascicolo stress, è punita con una sanzione economica da euro 2.000 a 4.000 euro.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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