Su dieci contribuenti che dichiarano redditi sottoposti all’Irpef, otto hanno un’imposta inferiore o uguale al 15%, l’attuale aliquota della flat tax per gli autonomi, spesso citata in campagna elettorale a cui si fa riferimento come modello da estendere. Le aliquote marginali Irpef vanno infatti dal 23% al 43%, anche se il suo peso reale dipende da deduzioni e detrazioni. Ne consegue, dunque, che circa su 40 milioni di contribuenti con reddito superiore a zero, 31,5 l’incidenza dell’imposta non va oltre i 15%, e di questi 94 milioni hanno un’imposta nulla. Un risultato che si deve specialmente alla no tax area, che azzera l’Irpef per i redditi più bassi, con 9,1 milioni di contribuenti totali, ma solo 2,1 versano davvero un’imposta, di 206 euro in media. Numeri con cui deve fare i conti non solo la proposta di flat tax, nelle diverse declinazioni dei partiti in corsa alle elezioni, avanzata dal centro destra, ma anche il taglio al cuneo fiscale e delle aliquote per i redditi medio-bassi proposto dal PD e le altre ipotesi di riforma dell’Irpef avanzate nell’ambito della delega fiscale, poi accantonata in seguito alla caduta anticipata del governo Draghi. Nonostante le altre urgenze, dunque, il tema fiscale dovrà rimanere una priorità per il prossimo esecutivo, intrecciato alle altre scadenze autunnali e alla crisi energetica, proprio per permettere la copertura, a livello di conti pubblici, di tutti gli interventi di sostegno e riduzione delle imposte.
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