Se è vero che la ripresa del lavoro nel 2021 e nel 2022 è stata spinta soprattutto dalla trasformazione dei contratti precari in permanenti, è anche vero, come ha sottolineato il governatore di Bankitakia Visco, che il lavoro a termine per i giovani si associa spesso a condizioni di precarietà molto prolungate. La quota di ragazzi che dopo cinque anni ancora si trova in condizioni di impiego a tempo determinato, infatti, resta prossima al 20%. Dato a cui aggiungere un ingresso nel mondo del lavoro già in ritardo, mediamente intorno ai 26 o 27 anni, dei ragazzi italiani contro i 21 o 22 dei giovani dei principali Paesi nostri competitor, come la Germania. Inevitabile anche il richiamo all’andamento demografico e all’invecchiamento della forza lavoro, che in soli tre anni ha portato il numero delle persone in età da lavoro a diminuire di 800mila unità, unitamente a una scarsa quota di laureati, tra i 25 e i 34 anni ancora inferiori al 30% contro una media Ue sopra il 40%, in un momento in cui aumentano posti vacanti e mismatch specialmente per le posizioni specializzate.
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