La sentenza n. 376/2024 del Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha confermato la sospensione di due mesi di un avvocato accusato di aver mentito al cliente, facendogli credere di aver presentato un ricorso in una causa di separazione. Il cliente ha fornito come prova i messaggi WhatsApp che documentano le false affermazioni del professionista. I messaggi, conservati sullo smartphone, sono stati ritenuti validi come documenti probatori ai sensi del codice di procedura penale. Il CNF ha sottolineato che tali messaggi possono essere acquisiti tramite semplice riproduzione fotografica, senza violare le normative sulle intercettazioni. La difesa dell'avvocato non ha messo in discussione l'autenticità dei messaggi, e la sua condotta è stata considerata una violazione dei doveri professionali, in particolare riguardo alla trasparenza e alla dignità della professione.
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