Non e' in contrasto con i principi costituzionali la norma che prevede la decadenza dal diritto all'assegno di incollocabilita' da parte degli invalidi del lavoro che hanno compiuto i 65 anni di eta' senza ulteriore corresponsione di altri benefici. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, che non ha ravvisato elementi di illegittimita' nel fatto che invece agli invalidi di guerra e per servizio - titolari anch'essi di assegno di incollocabilita' - venga corrisposto dopo i 65 anni un assegno sostitutivo: di pari importo al precedente per gli invalidi di guerra e di importo pari alla pensione minima INPS per gli invalidi per servizio.
Secondo la Corte esiste infatti una sostanziale incomparabilita' tra il regime INAIL (per gli invalidi del lavoro) e quello delle prestazioni di guerra e per servizio, assolutamente eterogenei tra loro. L'assegno mensile di incollocabilita' e' corrisposto dall'INAIL a favore degli invalidi impossibilitati a fruire del beneficio dell'assunzione obbligatoria per aver perduto ogni capacita' lavorativa o per avere subito menomazioni tali da mettere in pericolo la salute e l'incolumita' dei compagni e la sicurezza degli impianti.
L'assegno ha percio' una funzione sostituiva rispetto al beneficio principale, che e' quello del collocamento privilegiato, ed ha carattere previdenziale; non si conserva dopo i 65 anni perche' a quell'eta' nessun soggetto disabile puo' piu' accedere, per raggiungimento dell'eta' pensionabile, all'assunzione obbligatoria. Invece le indennita' dovute per eventi bellici (o per fatti di servizio), ivi compreso l'assegno di incollocabilita', hanno tutte natura risarcitoria e cio' rende impossibile un confronto omogeneo con altre le provvidenze in quanto sono profondamente diversi i presupposti alla base della invalidita' dei soggetti. E' proprio la differenza di funzione tra i due benefici che giustifica il permanere del diritto ad un assegno sostitutivo da parte degli invalidi di guerra o per servizio, perche' altrimenti "non vi sarebbe alcuna ragione per perpetuare una misura compensativa del mancato ingresso nel sistema del lavoro con collocamento obbligatorio, essendo quest'ultimo ormai interdetto per i raggiunti limiti di eta'".
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