La mancata indicazione, nell’avviso di ricevimento, della qualità di familiare convivente, non necessariamente comporta la nullità della notificazione se la consegna è a un parente che si trova presso il domicilio del destinatario. Si presume, infatti, che egli sia pure temporaneamente convivente (Corte di Cassazione, 14361/2011).
La vicenda. Il contenzioso è originato dall’emissione di alcuni avvisi di mora conseguenti a cartelle di pagamento Iva.
Nel primo grado del giudizio, la Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso del contribuente, esito ribaltato in secondo grado.
I giudici della Commissione tributaria regionale, infatti, ritenevano illegittima la notifica degli atti prodromici presupposti rappresentati dalle cartelle di pagamento. Di conseguenza, ritenuto tempestivo il ricorso della parte privata, rilevavano la decadenza dell’ufficio dal potere di riscossione dell’Iva.
In particolare, secondo la Ctr, la notificazione a mezzo posta delle cartelle di pagamento sarebbe stata invalida in quanto, nei relativi avvisi di ricevimento, non era stata indicata la qualità di familiare convivente.
Contro tale decisione, l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione denunciando, quale principale ragione, il vizio di motivazione nonché la violazione di legge della pronuncia nella parte in cui riteneva invalida la notifica per una mera irregolarità dell’avviso di ricevimento, non considerando, invece, che il piego era stato legittimamente consegnato a un familiare rintracciato, peraltro, presso l’abitazione del notificatario.
La pronuncia della Cassazione. Il Supremo collegio, pronunciandosi con sentenza, ha cassato la pronuncia della Ctr e, decidendo nel merito, ha definitivamente rigettato il ricorso introduttivo del contribuente ritenendo validamente effettuate le notificazioni delle cartelle di pagamento e, di conseguenza, legittimi i relativi avvisi di mora.
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