19 dicembre 2020

Altruismo, privacy e portafogli

Autore: Ester Annetta
Sono i tre protagonisti di una disputa mediatica scatenatasi nelle ultime settimane, da quando – dati alla mano – in appena 24ore ed in maniera del tutto inattesa ed imprevista, l’App IO ha superato Immuni per il numero di volte che è stata scaricata in un eguale intervallo di tempo.

Quello che inizialmente poteva sembrare un mero dato numerico è finito così per diventare terreno di scontro, non tra le due applicazioni (evidentemente prive non solo d’anima e senno ma anche d’algoritmi adeguati), quanto tra le opposte fazioni di loro sostenitori/oppugnatori, che hanno sguainato le teorie più varie a giustificazione d’un sorpasso non certo di misura.

La prima – l’App IO – già lanciata ad aprile per poter effettuare alcuni pagamenti delle pubbliche amministrazioni tramite il sistema PagoPa, era già stata scaricata da un discreto numero di utenti in estate, poiché necessaria per l’accesso al bonus vacanze.

L’impennata l’ha però avuta in questa due ultime settimane, quando è stata ufficializzata come strumento per accedere al meccanismo di rimborso per le spese digitali (l’ormai famigerato cashback), finendo persino per provocare il collasso del sistema PagoPa.

Al prospettarsi dell’incommensurabile vantaggio di poter ottenere un rimborso di ben 150 euro (al massimo) a fronte di una spesa di 1500, l’italiano medio ha difatti messo da parte, senza alcuna esitazione, tutte le remore riguardo all’invasione nella propria privacy, al tracciamento delle proprie abitudini di spesa, allo spionaggio della propria esistenza che tanto l’avevano invece frenato nell’accettare l’utilizzo dell’App Immuni.

Come dire che l’egoistico vantaggio economico di IO, benché davvero irrisorio (e, tra l’altro, dubito che coloro che, ahi loro, sono stati indotti dalla necessità a scaricare l’App possano poi spendere in meno d’un mese la cifra che consenta il massimo del rimborso), ha vinto sulla motivazione altruistica di Immuni, volta a consentire un possibile tracciamento e monitoraggio dei positivi al Covid, in funzione preventiva, così da individuare a monte il rischio di contagio per impedirne il dilagare.

Insomma, una questione di portafoglio.

C’è in verità chi sostiene che anche IO sia, a ben vedere, un’App altruistica poiché serve a disincentivare i pagamenti in contanti e favorire quelli elettronici nell’intento di abbassare il livello di evasione fiscale ed impedire, così, che sia la comunità a farne le spese, dovendo subire il peso (fiscale) delle omissioni degli evasori. A fronte di questo servizio reso al Fisco l’elargizione del cashback assumerebbe, allora, un’importanza di secondo piano, una valenza premiale, di mera ricompensa.

Ma anche Immuni ha, allora, la sua premialità che - a differenza dell’altra – non è individualistica ma collettiva. Da questa prospettiva, il premio è infatti la tutela della salute comune, in funzione della quale non è richiesto alcun sacrificio individuale (a meno che tale non voglia considerarsi la quarantena!) ma unicamente la coscienza, eventualmente, d’autodenunciarsi, per consentire che chi abbia avuto contatti col virus di cui si è portatori possa mettere altri al riparo del ripetersi del contagio, divenendo così l’anello d’una catena di solidarietà i cui benefici possono vantare una buona dose di certezza sebbene non siano apprezzabili nell’immediato al pari dell’accredito di una somma sul conto corrente.

Ma evidentemente la diversa natura – non economica – di tale ben più nobile tipo di ricompensa è più difficile da cogliersi: impatta meno, richiede uno sforzo di mente e di cuore cui non si è di fatto preparati.

Non è questa la sede per approfondire la questione né quella per tentare un’analisi più acuta volta ad individuare colpe e responsabilità d’una Istituzione che per l’ottenimento dei propri scopi ammette il ricorso a strumenti che assomigliano a vere e proprie strategie di marketing, il cui effetto collaterale è, paradossalmente, l’assecondamento d’una deriva della coscienza collettiva.

Serva però questo sassolino gettato nello stagno a produrre un lieve movimento di riflessione e poi magari un ragionare più ampio, perché davvero non si debba soccombere sotto lo spietato giudizio di chi – come un mio caro amico – sostiene che il prezzo della nostra privacy è di soli 150 euro e che “IO” non è un pronome personale ma il raglio dell’asino.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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