23 settembre 2023

Di sana e robusta costituzione

Autore: Ester Annetta
L’attenzione per lo sport, negli ultimi anni, è decisamente cresciuta a livello istituzionale. In tempi recenti, risultati concreti ed evidenti sono stati raggiunti attraverso vari interventi che, a partire dalla legge 8 agosto 2019, n. 86 - recante “deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione” – hanno trovato compimento con il decreto legislativo attuativo - il D. Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, recante “riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché' di lavoro sportivo” –, con i successivi decreti integrativi e correttivi, primo tra tutti il D. Lgs. 5 ottobre 2022, n. 163 - che ha operato il “riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici ed il lavoro sportivo” – e con gli ulteriori aggiustamenti, l’ultimo dei quali apportato lo scorso agosto con il D. Lgs, n. 120 entrato in vigore il 5 settembre.

Si è trattato sicuramente di una revisione ampia ed organica, che ha coinvolto ambiti diversi: tributario (con la previsione di agevolazioni fiscali e contributive nell’area del dilettantismo, per i lavoratori sportivi e per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo gestionale), volontariato sportivo, apprendistato professionalizzante, vincolo sportivo (abolito nell’area del dilettantismo), controlli sanitari e altro ancora.

Sull’onda di questo rinvigorito interesse per lo sport si è infine giunti ad un intervento di più alto profilo, il cui iter si sta concludendo proprio in questi giorni con il passaggio finale alla Camera, necessario a completare il procedimento di revisione costituzionale che apporterà una modifica definitiva all’art. 33 della nostra Costituzione.

La norma, che sancisce il diritto all’istruzione e la libertà d’insegnamento, si arricchisce infatti di un nuovo comma che così stabilisce: «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività̀ sportiva in tutte le sue forme».

La novità più evidente introdotta dall’aggiunta consiste nel significativo passaggio da un’idea secondo cui l’“educazione fisica e sportiva” - benché di fatto poco valorizzate –erano da ricomprendersi nel concetto generale di istruzione, a quella che assegna all’”attività sportiva” una rilevanza autonoma: nell’intento dei revisori, essa dev’essere infatti riconosciuta come diritto in un senso costituzionale più ampio, affinché diventi realmente un diritto sociale per tutti.

L’impiego dell’espressione “attività sportiva” non è peraltro casuale ma risponde ad una logica ben precisa: vuole difatti ricomprendere – in accordo con la definizione adottata a livello europeo - qualunque tipo di attività fisica cui sia riconducibile la funzione di conquista del benessere psicofisico; non solo, quindi, quella che con la connotazione più selettiva di “sport” andrebbe invece ad identificare – com’è attualmente in Italia – soltanto discipline e pratiche destinate all’agonismo (nello specifico, le 386 discipline sportive riconosciute dal Coni). Al tempo stesso, quell’espressione non incasella uno specifico insegnamento, com’era per l’”educazione fisica e sportiva” ma contempla un ambito più ampio e generico al quale si riconosce ugualmente un valore educativo e sociale. Una “liberalizzazione”, insomma, che nasce probabilmente dalla necessità di prendere le distanze da un tempo e da un contesto in cui lo sport veniva invece impiegato come strumento politico e propagandistico.

Le implicazioni che derivano da questo riconoscimento costituzionale sono parecchie, prima tra tutte la maggiore incisività degli interventi che d’ora in poi le istituzioni sono chiamate direttamente ad attuare per abbattere ogni tipo di barriere: economiche, logistiche e, soprattutto, architettoniche al fine di garantire una maggiore inclusività nei confronti delle persone con disabilità.

Ma non è tutto: la nuova “cultura dell’attività fisica” (come a buon titolo può definirsi, dal momento che è stata integrata nella norma relativa all’istruzione), costituzionalmente garantita, ha significative ricadute: si traduce, indirettamente, in un risparmio di spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale giacchè, “in corpore sano” l’incidenza di patologie ed il bisogno di cure diminuiscono e, dunque, si riduce la spesa sanitaria a carico dello Stato; sempre indirettamente, ha riflessi sull’ecologia e la difesa dell’ambiente, basti pensare alla riduzione di inquinanti che si determinerebbe modificando le abitudini di mobilità urbana con l’uso, ad esempio, di biciclette; insegna, inoltre, valori come la solidarietà ed il rispetto e, dunque, amplifica la sua valenza educativa e sociale.

A questa nuova prospettiva che eleva l’attività sportiva al rango di vero e proprio diritto, si affianca necessariamente una tutela, che consiste nel renderlo accessibile a tutti, indipendentemente dal talento ma anche da qualunque altra caratteristica di età, sesso, etnia, stato sociale o economico, ribadendosi in tal modo quel principio di uguaglianza già contenuto nell’art. 3 della Costituzione.

Si tratta, senza dubbio, di traguardi importanti, che rendono apprezzabili lo sforzo e la dedizione che organi politici e di governo vi hanno dedicato. Non può tuttavia evitarsi l’ulteriore considerazione che identico impegno e anche maggiore priorità spetterebbe ad altri temi, per i quali le necessità sono decisamente meno di forma e più di sostanza.
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