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Due visionari, due rivoluzionari

Autore: Ester Annetta
Sono stati ricordati ciascuno con un anniversario, a fine agosto.
L’uno, Franco Basaglia, a quarant’anni dalla sua morte; l’altra, Maria Montessori, a centocinquant’anni dalla sua nascita.

Apparentemente avrebbero in comune il solo trascorso d’essere stati entrambi medici, specialisti, rispettivamente, in psichiatria e neuropsicologia; la Montessori, anzi – poiché di natali ben più datati nel tempo – ha dalla sua anche il merito d’ essere stata, nel 1896, la terza donna italiana a laurearsi in medicina, in un’epoca in cui la cultura, i pregiudizi, la società marchiavano le donne di un’inferiorità che inevitabilmente le condannava all’inadeguatezza nei riguardi di alcune professioni. Morì ultraottantenne, proprio mentre un giovane Basaglia, fresco di laurea – negli anni in cui “la più fascista delle riforme” (la Riforma Gentile), consentiva soltanto a chi avesse seguito un percorso di studi classici ed umanistici l’iscrizione alla facoltà di medicina - iniziava la propria attività di psichiatra, mosso da un afflato in cui si mescolavano in pari misura passione politica e scientifica.

Persone diverse, mondi diversi, epoche diverse. Eppure ben più vicine e simili di quanto non appaia, poiché entrambe animate dalla stessa convinzione che fosse necessario andare oltre le apparenze; che fosse importante sondare i meccanismi di funzionamento della mente umana ed indispensabile accettare le differenze non come diversità ma come specialità; che fosse imprescindibile ricondurre qualunque “eccezione”, qualunque categoria, ad una comune appartenenza, all’insieme univoco dell’umanità.

Basaglia - il “padre” della Legge 180 del 1978 che trasformò il vecchio ordinamento degli ospedali psichiatrici italiani, promuovendo un nuovo trattamento e una nuova cura dei disturbi mentali in nome del rispetto della persona umana - ha avuto il merito di restituire dignità alla malattia mentale e, soprattutto, alle persone che ne erano affette, non considerate affatto come tali, tenute fino ad allora in condizioni disumane, “oggetti” di esperimenti e trattamenti aberranti, vittime di un pregiudizio uniformante che, senza distinguere il diverso grado di disturbo o la diversa patologia, etichettava tutti “i matti” nello stesso modo, condannandoli allo stesso destino di isolamento ed emarginazione.

Fu quand’era direttore dell’ospedale psichiatrico di Gorizia – incarico che aveva accettato dopo che le sue idee giudicate troppo rivoluzionarie e poco ortodosse avevano cominciato a procurargli qualche problema nel contesto accademico - che Basaglia aveva cominciato ad elaborare un nuovo approccio con i malati di mente, basato sul dialogo e non sul loro annientamento e, dunque, sulla necessità di creare con essi una relazione di maggiore vicinanza emotiva, più empatica, centrata sullo scambio umano e sul sostegno morale. Niente più elettroshock, lobotomie, docce gelate, camicie di forza e letti di contenzione, ma la rivoluzionaria “pretesa” di riconoscere quei diversi/malati prima di tutto come esseri umani e poi come persone da riabilitare. «Visto da vicino, nessuno di noi è normale» soleva ripetere; e, dunque, la diversità va colta e compresa, non repressa o nascosta: «una società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece che incaricare una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla».

Basaglia ha dunque compiuto un’autentica rivoluzione, lasciandoci un profondo insegnamento di civiltà, vero allora nei confronti dei malati di mente, vero tuttora – se si concede la generalizzazione - nei confronti di chiunque venga lasciato ai margini della società.

Altrettanto rivoluzionaria, in questo senso, poteva apparire, decenni prima, la visione di Maria Montessori, che, per i suoi risvolti di natura pedagogica l’ha meglio consacrata alla storia come educatrice prima ancora che medico.

Giustamente ricordata per il suo “metodo” - espresso nella formula “aiutami a fare da solo” - che riconosce la necessità che al bambino siano dati attenzione, dedizione, spazi adatti e materiali perché possa esplorare il mondo con libertà ed esprimere le proprie peculiari attitudini in armonia con gli altri, anche Maria Montessori – essendo pur sempre un medico – partì dalla cura per arrivare all’educazione, schierandosi dalla parte degli ultimi e dei più fragili. Le apparve perciò chiara la necessità di progettare e sperimentare metodi educativi che fossero in grado di preparare donne e uomini a trasformazioni ritenute necessarie, a renderli pronti ad affrontare la realtà e la società.

Resta perciò profetico – e senz’altro avveneristico per quei tempi – il discorso che pronunciò a Bruxelles nel 1936, al Congresso europeo per la pace, dove sostenne, in nome del progresso e del principio di uguaglianza universale degli uomini, che non avessero ragion d’essere le singole nazioni con i loro confini: “È nata l’”umanità organismo”: questa super costruzione, che ha assorbito tutti gli sforzi dell’uomo sin dalla sua origine, si è realizzata. Noi ci viviamo. Ne danno una prova mirabile i poteri quasi miracolosi che oggi pongono l’uomo al di sopra della sua natura: l’uomo che vola nell’aria, più alto e sicuro delle aquile, l’uomo che dispone delle segrete energie invisibili dell’universo, l’uomo che può guardare nei cieli e nell’infinito, che può parlare attraverso gli oceani e che può raccogliere le vibrazioni di tutte le musiche del mondo, l’uomo che possiede i segreti capaci di trasformare la materia, infine l’uomo di oggi è il cittadino della grande nazione dell’umanità. È assurdo pensare che un tale uomo, dotato di poteri superiori alla natura, debba essere un olandese o un francese o un inglese o un italiano. Egli è il nuovo cittadino del nuovo mondo: il cittadino dell’universo. Se è così, non è più possibile fingere l’esistenza di nazioni a interessi separati, come in passato. Non hanno più ragione di esistere le singole nazioni con i loro confini, i loro costumi, i loro diritti diversi. Ci saranno sempre gruppi e famiglie umane con diverse tradizioni e diverse lingue, ma non potranno dar luogo a nazioni nel senso tradizionale della parola: dovranno unirsi come membri di un solo organismo o morire…Ma i faziosi di oggi vogliono impadronirsi di quei poteri giganteschi che devono ormai necessariamente appartenere all’organismo complessivo dell’umanità. Oggi non ci rimangono che due vie due: o elevarci all’altezza che abbiamo raggiunta, o morire per opera delle nostre stesse conquiste”.

Basaglia e Montessori: erano forse dei visionari, ma sono stati davvero dei rivoluzionari, di quelli che realmente hanno cambiato le cose; dei pionieri, si, ma tuttora di straordinaria attualità. A conferma che, nonostante la distanza temporale e storica, ci sono idee forti, chiare, profondamente umane che scavalcano le epoche creando ponti tra esse e che dovrebbero risuonare imperiture nei cuori e nelle coscienze di tutti impedendo che l’impegno, il sacrificio e la tenacia che sono costati a coloro che le hanno lasciate in eredità siano dimenticate.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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