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È settembre, buon anno!

Autore: Redazione Fiscal Focus
Se si dovesse seguire una logica astronomica, basata sul naturale progredire della durata delle ore di luce o di buio nel corso dei mesi, verrebbe naturale pensare che l’inizio dell’anno solare debba collocarsi nel primo giorno successivo a quello più corto dell’anno e, dunque, dopo il 13 dicembre (Santa Lucia, il giorno più corto che ci sia) o dopo il 21 dicembre (il solstizio d’inverno).

Nel corso dei secoli, si è scelto invece di collocare il “capo d’anno” al 1° gennaio: per la prima volta accadde nel 153 a.C., quando si presentò l’urgenza di anticipare a quella data l’entrata in carica del console Quinto Fulvio Nobiliore affinché potesse essere inviato in Spagna a sedare la rivolta dei Celtiberi che reclamavano l’indipendenza da Roma.

Fino ad allora, infatti, i consoli venivano eletti a dicembre ma entravano ufficialmente in carica il 15 marzo (le Idi). Marzo era difatti il mese con cui si apriva l'anno nel vecchio calendario lunare. Nobiliore ottenne l’anticipazione richiesta che, da allora, divenne una prassi; fu così stabilito che l’anno iniziasse il primo di gennaio.

Successivamente, col calendario giuliano promulgato da Giulio Cesare nell'anno 46 a.C. la scelta di considerare il 1º gennaio come primo giorno dell’anno coincise con i festeggiamenti in onore del dio romano Giano (da cui prende nome il mese di gennaio), il dio degli inizi, materiali e immateriali, raffigurato con due volti (Bifronte), poiché in grado di guardare il futuro e il passato.

Tuttavia, in epoche successive l’inizio dell’anno ebbe date variabili: specialmente nel Sacro Romano Impero variava spesso da città a città. Tali differenze continuarono anche dopo l'adozione del calendario gregoriano finché, nel 1691, papa Innocenzo XII stabilì definitivamente che l'anno dovesse cominciare il 1º gennaio.

Eppure il 1° gennaio non comincia proprio niente, ed è solo il clima natalizio e festoso in cui è calato a renderlo un giorno particolare.

La sensazione concreta di un nuovo inizio - dopo una pausa trascorsa o meno in luoghi di vacanza e che ha per tutti il senso di un’interruzione dei consueti ritmi e delle quotidiane abitudini – arriva invece a settembre.

«Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull' età/ dopo l' estate porta il dono usato della perplessità/ Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità/ come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità...»: cantava così Guccini nella sua “Canzone dei Dodici Mesi”; e, difatti, settembre è realmente il tempo dei propositi, dei programmi, della ripresa; è il momento in cui si raccolgono le fila di ciò che è stato per legarle ai capi di ciò che è stato rimandato; è il mese in cui inizia a dispensarsi su quelli successivi la carica delle energie di cui si è fatta scorta, per affrontare nuove fatiche, impegni, bisogni.

Nei mattini ormai freschi una coperta leggera avvolge nella nostalgia gli echi delle risate e dell’allegria di un’estate non ancora lontana, mentre l’autunno “che già sentimmo arrivare nel vento d’agosto” avanza con i suoi languidi colori.

C’è il gusto delle provviste appena fatte e riposte per l’inverno, delle maniche lunghe indossate quasi più per piacere che per necessità, dello schiamazzo degli uccelli che si chiamano a raduno sugli alberi come schiere di soldati pronti a partire.

C’è la voglia di riordinare i cassetti e buttare via il superfluo; la sensazione improvvisa di vedere vecchie e ormai inutili molte di quelle cose che si sono tenute da parte illudendosi che prima o poi sarebbero servite ancora; il bisogno di cambiamenti, fosse anche solo quello di spostare un mobile da una parete all’altra d’una stanza.

E poi ci sono le città che tornano a ripopolarsi, gli spazi per i parcheggi che diventano di nuovo introvabili, il traffico, lo smog. Riaprono gli uffici, con l’indisponenza e la scortesia di impiegati che le ferie non hanno affatto addolcito e, anzi, sono ancora più irritabili a causa di quell’arretrato che, seguendo la logica del “rimando tutto a settembre” è diventato ingestibile.
Riaprono le scuole, con frotte di studenti che si concentrano su quelli che un tempo si chiamavano “esami di riparazione” e contrattano davanti ai banchi di libri scolastici di seconda mano; le mamme fanno scorta di pacchi di quaderni al supermercato, scelgono grembiuli e tute da ginnastica, fanno la fila nelle segreterie per chiedere cambi di sezione prima ancora di aver verificato l’efficienza di quella cui i figli sono stati destinati.

Le aziende si preparano all’ultimo trimestre, nel tentativo estremo di mettere i conti in pari prima della fine dell’anno; Hollywood sforna i film che spera di candidare all’Oscar; si torna al cinema e al teatro; migliaia di coppie si sposano; tanti vanno in palestra, per conservare la forma che hanno conquistato o per smaltire gli eccessi che le bisbocce estive hanno posizionato su fianchi e pancia.

Si, Capodanno è a settembre. Lo è in tempi ordinari, lo è maggiormente in tempi di Covid, ora che tutto sembra avere ancor di più il valore di nuovo inizio, di rinascita e di ripartenza.

Forse le condizioni non ci sono ancora tutte: i contagi resistono, l’ombra di un nuovo lockdown incombe temibilmente, la riapertura delle scuole viene rimpallata tra questioni irrisolte che – pur essendo ampiamente note – solo ora sono diventate improvvisamente urgenti.

Ma, comunque sia, davvero si ricomincia.
Allora, Buon Anno a tutti.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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