20 ottobre 2022

Il peso della crisi su economia sommersa e illegale

Autore: Rachele Pozzato
Un momento storico totalizzante, che ha invaso ogni aspetto del vivere del quotidiano. Il 2020 ha visto infatti, con la crisi pandemica, l’inizio di una crisi anche economica: il lockdown e il rallentare delle catene di produzione e rendita, trasversale ai diversi settori che trainano il nostro Paese, ha portato anche a un rallentamento economico. Che si sia trattato di un fenomeno diffuso a tutti i livelli del sistema economico italiano lo dimostra anche il fatto che a risentire della pandemia è stata anche l’economia non osservata.

Economia sommersa e illegale - Per economia non osservata ci si riferisce a tutte quelle attività produttive di mercato che sfuggono all’osservazione diretta, e per diversi motivi. Comprende l’economia sommersa e quella illegale. La prima si compone essenzialmente del valore aggiunto occultato tramite comunicazioni errate del fatturato o dei costi, o che si genera con il lavoro irregolare, in nero. A questi elementi si aggiungono poi tutte quelle variabili proprie dei guadagni non tracciati e irregolari: dai fitti in nero, per esempio, alle mance. Per economia illegale invece ci si riferisce a quelle attività proprie di produzione, di beni e servizi, la cui distribuzione è proibita dalla Legge: contrabbando, droga, prostituzione, attività incluse nel Pil dei Paesi Ue. Nel 2020, il complesso dell’economia sommersa vale 157,4 miliardi, il 9,5% del Pil, in calo di 26,5 miliardi rispetto all’anno precedente.

La contrazione dei profitti - La somma dei valori aggiunti di questi movimenti forma così, nel suo complesso, l’economia non osservata, che nel 2020 si è attestata a 174,6 miliardi di euro, con una flessione del 14,1% rispetto all’anno precedente per 203,3 miliardi di euro in meno. Una contrazione comune a tutte le componenti dell’economia non osservata: il valore aggiunto da sotto-dichiarazione è diminuito di 10,7 miliardi di euro rispetto al 2019, quello generato dall’impiego di lavoro irregolare di 14,6 miliardi, mentre le altre componenti hanno registrato un calo di 1,2 miliardi.

L’incidenza delle attività illegali - Il dato che ha stupito, poi, ha riguardato in particolar modo l’economia legata ad ambienti illegali, che è diminuita di oltre 2,1 miliardi per la prima volta dal 2015. Rispetto al 2019 si osserva poi una lieve variazione delle diverse componenti: alla riduzione del lavoro irregolare, per esempio, si contrappone un aumento dell’incidenza della sotto-dichiarazione. Nel 2020 le attività considerate illegali hanno generato un valore pari a 17,4 miliardi di euro, l’1,2% del Pil: una contrazione del 10,5%, per quasi 2 miliardi, rispetto al 2018 e il 2019, quando invece l’economia illegale era cresciuta.

Il calo del lavoro irregolare – Quella dei contratti irregolari rimane una problematica forte e diffusa in Italia, ma che di nuovo, come negli altri comparti dell’economia non osservata, ha registrato nel 2020 un calo: la crisi pandemica per la prima volta dal 1995 ha portato il lavoro irregolare a meno odi 3 milioni di unità. Un calo del 18,4% rispetto al 2019, registrando quadi il doppio di quella regolare. Il comparto nel quale si osserva la flessione più significativa è quello degli Altri servizi alla persona, o ancora commercio trasporti, alloggi e ristorazione, ma anche nell’industria, dove già la diffusione del lavoro irregolare è di minor consistenza. Rimane invece consistente nel terziario, raggiungendo elevati livelli anche in agricoltura e costruzioni.
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