28 maggio 2022

Potrebbe interessarti anche:

Quotidiano
22 luglio 2023

La scoperta di Petra

Leggi l'articolo
Quotidiano
10 giugno 2023

Dal Dolore all'amore

Leggi l'articolo
Quotidiano
16 marzo 2024

Pìetas

Leggi l'articolo
Quotidiano
25 novembre 2023

Un’altra Giulia

Leggi l'articolo
28 maggio 2022

Jago, genio e talento

Autore: Ester Annetta
Restare affascinati davanti alla volta ed alle pareti affrescate della Cappella Sistina è scontato, come lo è altrettanto di fronte alla bellezza della michelangiolesca Pietà o alla incredibile morbidezza che un genio come Bernini è riuscito ad imprimere ad una materia rigida e fredda come il marmo, che sembra vivo in quella sublime scultura in cui il dio degli Inferi, nell’atto di rapire Proserpina, affonda le mani nella sua carne.
Ci sono capolavori innegabili, che stordiscono i sensi per la loro grandiosità ed il loro fascino, evocando emozioni potenti, in cui ciò che si vede e si tocca si confonde con ciò che evoca e suscita, in una meravigliosa alchimia che rapisce mente e sensi.

Quello stesso rapimento, quell’estasi contemplativa che racchiude la trasmissione di un significato profondo, che è come se venisse rivelato a chi si ferma ad osservare, indugiando nei dettagli ed innamorandosi di ciò che ammira, è ciò che ho provato di fronte alle sculture di Jago.

Poche cose sapevo di questo giovane talento, al secolo Jacopo Cardillo, classe 1987, frusinate di nascita, che, come racconta, le sue prime lezioni le ha apprese dalla natura - l’acqua dei torrenti delle Alpi Apuane che levigavano i sassi – e che in pochi anni è diventato un artista di fama mondiale.

Si potrebbe credere che l’appartenenza ad una generazione così prossima all’oggi sia predisposta a risentire delle contaminazioni di una modernità che facilmente può confluire nell’astrattismo delle forme, nell’uso di tecniche e registri avanguardisti di non facile intuizione; invece la sorpresa di Jago parte proprio da qui, da un ritorno alla scultura classica - quella tipicamente figurativa, per intenderci, visivamente finita e realistica – che tuttavia si ammanta di un simbolismo estremamente attuale. E questa fusione stupefacente tra canoni classici e valori moderni ha come risultato una potenza evocativa e comunicativa straordinaria.

Ogni scultura di Jago parla un linguaggio nient’affatto enigmatico, anzi limpido e accessibile; propone un tema che l’osservatore può ascoltare, assecondare ed amplificare associandovi il proprio sentire, quell’emozione che l’opera non impone, ma suggerisce delicatamente, lasciando spazio ad un “riempimento” che può essere dettato tanto dalla ragione quanto dal sentimento.

E così, nel “Figlio velato” – dove, in maniera altrettanto straordinaria, la durezza del marmo è convertita nella leggerezza delle pieghe d’un telo sottile che cela un corpo esangue – c’è la reinterpretazione del Cristo di Sanmartino: è anche questo un figlio; anzi, è “il” Figlio che redime l’umanità. Quello di Jago è invece “un” qualunque figlio che può divenire simbolo di ogni morte innocente e che l’umanità, invece, la condanna.
Dunque, ci si può vedere chiunque nelle spoglie celate sotto quel velo: il piccolo Alan Kurdi riverso sulla spiaggia di Bodrum; il ragazzino senza nome annegato nel Mediterraneo con la pagella piena di bei voti cucita nella tasca; Polina con la sua ciocca di capelli rosa colpita mentre fugge dall’ultima, nuova, guerra.

E lo stesso è per la “Pietà”, che se nella scultura classica, a sfondo religioso, ha le vesti della Madre delle madri, qui di femminile mantiene solo il nome, perché pietà e disperazione possono avere anche il volto maschile d’un padre.
E, ancora, “Venere”, l’icona della bellezza, che Jago invita a cogliere anche in un corpo appassito dagli anni, come a voler suggerire che, se la vera bellezza non è soltanto quella che appaga la vista, allora essa resta sempre, oltre l’aspetto, oltre la sua percezione visiva. Oltre gli anni.

C’è un innegabile talento creativo nel modo in cui Jago plasma la materia, ma c’è anche una smisurata genialità nel modo in cui sa rivestire di significati la forma realizzata, anche quando la spoglia, letteralmente, com’è stato con busto di papa Ratzinger, inizialmente rappresentato in abiti talari e, successivamente “svestito”, riportato alla nudità del suo essere un uomo: “Habemus hominem”.

E non è ancora tutto, perché il messaggio che affida ad ogni sua opera è la parte di un discorso più ampio – insieme comunicativo, allegorico e didascalico - che vuole essere strumento culturale accessibile a tutti. Non a caso al suo ritorno da New York, dove ha lavorato a lungo, Jago ha scelto di tornare a Napoli e di impiantare il suo studio nella Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi, al Rione Sanità, chiusa dal terremoto dell’80.
L’idea era quella di restituire dignità e identità ad un quartiere noto per ben altra fama, forte della convinzione che il riscatto sociale parte dalla conoscenza e dalla cultura, e l’arte ne è una magnifica espressione. Sul blocco di marmo che è poi divenuto la sua Pietà, sono state perciò prima impresse le frasi e le firme di quella vasta comunità, a lui riconoscente per aver scelto “casa loro” come sua casa.

Comunicare è l’imperativo dell’artista, e Jago asseconda questo dictat non solo attraverso le sue opere finite ma anche attraverso tutte le fasi della loro esecuzione: i social – strumento comunicativo per eccellenza nella moderna società - sono il veicolo con cui “partecipa” la sua arte, documentando l’intera gestazione che dalla materia grezza giunge alla nascita delle sue sculture.

Anche l’allestimento che, a Roma, a Palazzo Bonaparte, continuerà ad ospitarle fino al prossimo 3 luglio, comprende una parte dei video da lui stesso montati e musicati. Ed è proprio attraverso questo documentario che lo spettatore può entrare a contatto diretto con l’artista, nel suo studio, seguire i suoi gesti, il modo con cui – “togliendo a colpi di scalpello il superfluo”, come diceva Michelangelo – cava la figura dal blocco di marmo, fermandosi poi ad ammirarla a distanza ravvicinata, come se ne sentisse l’alito di vita, lo sguardo, lo spirito. Innamorandosene lui per primo.

Jago
Palazzo Bonaparte
Piazza Venezia, 5
Dal 12/03/2022 al 03/07/2022
da lunedì a venerdì 9.00 - 19.00 - sabato e domenica 9.00 - 21.00
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

Potrebbe interessarti anche:

Quotidiano
22 luglio 2023

La scoperta di Petra

Leggi l'articolo
Quotidiano
10 giugno 2023

Dal Dolore all'amore

Leggi l'articolo
Quotidiano
16 marzo 2024

Pìetas

Leggi l'articolo
Quotidiano
25 novembre 2023

Un’altra Giulia

Leggi l'articolo
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy