18 marzo 2024

La UE dichiara guerra al “greenwashing”

Un freno deciso alle pratiche scorrette di dichiararsi in linea con il rispetto ambientale senza esserlo davvero. Bandite le frasi fuorvianti, entrate nel lessico comune, e fine anche alla pratica dell’obsolescenza programmata

Autore: Germano Longo
Per anni, il “greenwashing” ha funzionato: bastava riempire la bocca e i comunicati ufficiali di buone intenzioni, per poi proseguire come prima, tanto il più era fatto. Una strategia di comunicazione subdola che puntava a dipingersi sul bavero della giacca impegni verso l’ambiente, il rispetto della natura e altre frasi che piacciono tanto di questi tempi.

Un ambientalismo di facciata che secondo uno studio a livello europeo del 2020, era arrivato a toccare la soglia del 53% delle dichiarazioni ambientali millantate dalle grandi aziende, bollate come “fuorvianti, vaghe o del tutto infondate”. Anche per questo, Bruxelles è scesa in campo considerano già sleali e quindi passibili di conseguenze definizioni facili e assai comuni come “ecofriendly”, “naturale” e “biodegradabile”, che a breve sarà possibile utilizzare soltanto a fronte di un vero e dimostrabile impegno ambientale, comprovato da sistema di certificazione che richiede approvazioni a livello ufficiale.

Verrà considerata una pratica commerciale sleale “formulare un’asserzione ambientale generica per la quale l’operatore economico non è in grado di dimostrare l'eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti”. E nel novero delle scorrettezze rientrano anche i dettagli riguardano aspetti specifici dei prodotti in vendita, come ad esempio gli slogan “realizzato con materiale riciclato” o ancora “da fonti rinnovabili”, oppure “imballaggio rispettoso dal punto di vista climatico”. A patto che sia vero e certificato, sarà possibile affermare che “il 100% dell’energia utilizzata per produrre l’imballaggio proviene da fonti rinnovabili “, così come sarà vietato perfino vantare l’assenza di sostanze chimiche che in realtà sono già bandite per legge.

La proposta, presentata il 30 marzo del 2022 dalla Commissione UE, con l’avallo di Eurocamera e del Consiglio UE, la proposta è stata formalmente approvata dal Parlamento UE, passaggio finale prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale europea. “Grazie alla direttiva adottata oggi, i consumatori saranno meglio informati, tutelati e attrezzati per essere veri attori della transizione verde”, ha commentato il vice-premier belga, Pierre-Yves Dermagne, parlando a nome del Consiglio UE.

Una direttiva che renderà molto più complicato millantare la compensazione delle emissioni di carbonio, dettaglio che avrà conseguenze soprattutto sulle compagnie aeree che oggi immettono sul mercato voli “climaticamente neutrali” dietro cui si nascondono aumenti dei biglietti per compensare le emissioni.
Non basta ancora, perché nel pacchetto contro il greenwashing rientra anche l’obsolescenza programmata, la strategia commerciale (altrettanto subdola) di accorciare in modo artificiale il ciclo vita di un prodotto per mantenere alta la domanda e spingere verso l’acquisto di nuovi modelli. Per fare chiarezza, le informazioni sulla garanzia dovranno essere più visibili e nascerà un nuovo marchio per rendere più evidenti i prodotti con un periodo di garanzia maggiore. Le nuove norme vietano anche le indicazioni infondate sulla durata, come ad esempio il numero di cicli di lavaggio di una lavatrice, gli inviti a sostituire i beni di consumo prima del necessario e le false dichiarazioni sulla riparabilità di un prodotto.

“Questa legge cambierà il quotidiano di tutti gli europei. Ci allontaneremo dalla cultura dello scarto, renderemo più trasparente il marketing e combatteremo l’obsolescenza prematura dei beni. Le persone potranno scegliere prodotti più durevoli, riparabili e sostenibili grazie a etichette e pubblicità affidabili. Soprattutto, le aziende non potranno più ingannare le persone dicendo che le bottiglie di plastica sono buone perché l’azienda ha piantato alberi da qualche parte, o dire che qualcosa è sostenibile senza spiegare come. E questa, è una grande vittoria per tutti noi”, ha commentato la relatrice della direttiva, Biljana Borzan.

In vigore dal 26 marzo prossimo, la direttiva richiede ai Paesi membri di adottare entro il 27 marzo 2026 le misure necessarie alle nuove regole, da applicare entro il 27 settembre dello stesso anno.
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