L’Italia oggi ha un’opportunità analoga a quella che le si prospettò dopo la Seconda guerra mondiale, l’obiettivo è quello di tornare a essere protagonista dell’economia globale. Ma il divario tra Meridione e Settentrione risulta essere ancora troppo ampio.
Dal punto di vista socioeconomico l’Italia risulta essere ancora troppo divisa tra Nord e Sud, è quanto emerge dal Rapporto elaborato dall’Istituto di Ricerca degli italiani (Eurispes).
Il percorso storico italiano mette in luce il trentennio d’oro dell’economia nazionale (1945-1975) che si realizzò perché il Sud fu parte integrante delle strategie di sviluppo del Paese. Nell’arco di tempo tra il 1951 e il 1973 il Pil pro capite del Meridione passò dall’essere 52,9 ad essere 60,5, un risultato che non è mai più stato raggiunto negli anni successivi.
Secondo quanto esposto nel Rapporto, una Nazione non può dirsi tale se vi è ampia disomogeneità nel suo andamento complessivo sociale ed economico, non può esserlo per ragioni morali, civili e di equità minime. La più grande incongruenza del nostro Paese è che una parte di esso, il 41% del territorio, vive in condizioni sociali, economiche e civili diverse, tanto da farla sembrare quasi una nazione a parte.
Il divario economico e sociale è stato fortemente accentuato dalla nascita delle Regioni, la quale ha comportato l’istituzione di 20 sistemi diversi, con servizi diversi. Infatti, lo sviluppo del sistema regionale non ha comportato il superamento del divario economico pre-esistente tra Sud e Centro-Nord, e contemporaneamente il divario economico è stato accompagnato dall’aumento del divario nei servizi.
In un periodo di transizione, come quello attuale, la più grande riforma economica è rappresentata dalla coesione. Per tali ragioni, diventa essenziale il recupero di quella parte del territorio che è rimasto indietro rispetto al resto.
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