28 giugno 2022

USA, una crisi non solo dei diritti

Autore: Rachele Pozzato
A far discutere tutto il mondo in queste ore è l’abrogazione, da parte della Corte Suprema USA, della storica sentenza Roe v. Wade del 1973 sul diritto federale all’aborto. Un diritto, infatti, non in Costituzione negli Stati Uniti e che da 50 anni era tutelato unicamente da questo provvedimento, che tolse vigore alle leggi contro l’aborto vigenti fino a quel momento. I singoli stati saranno così liberi non solo di limitare la pratica ma addirittura di renderla illegale, persino per i casi più estremi come lo stupro. «Un ritorno all’Ottocento, che riporta l’America a 150 anni fa. È una giornata triste per il nostro Paese», per usare le parole del Presidente Biden sulla sentenza, sottolineando quanto questa decisione metta a rischio la salute delle donne americane.

Gli Stati in prima linea - Un’abolizione, peraltro, dalle conseguenze velocissime: potrebbero essere più di 20, nel complesso, gli Stati a vietare l’interruzione di gravidanza. In Arkansas, Idaho, Mississippi, Missouri, North Dakota, Kentucky, Louisiana, Oklahoma, South Dakota, Tennessee, Texas, Utah e Wyoming le leggi infatti prevedono che il divieto entri in vigore con effetto immediato. Mentre Georgia, Iowa, Michigan, South Carolina, Texas, West Virginia, Alabama e Ohio ne hanno già avviato l’iter per la messa al bando, per un totale di circa 33 milioni di donne in età fertile che si troveranno a vivere in Stati che vietano e restringono nettamente il diritto all'aborto.

Le ricadute economiche - Le riflessioni, oltre che sociopolitiche, morali, etiche o culturali relative ai diritti delle donne, sempre più alla berlina e in pericolo, sono, secondo gli esperti, da valutare anche sul piano economico. Come ricorda Heidi Shierholz, presidente dell’Economic Policy Institute, infatti, gli stessi Stati che si muovono verso il divieto della pratica sarebbero proprio quelli in cui le persone già affrontano salari più bassi, meno potere dei lavoratori e un accesso limitato all’assistenza sanitaria. La caduta di Rue rappresenta dunque, potenzialmente, un’ulteriore barriera economica tra le federazioni USA. Sono infatti tutele di diritti come questi e un’assistenza sanitaria riproduttiva accessibile che negli ultimi decenni hanno contribuito a una maggiore partecipazione al mondo del lavoro delle donne, aumentando il loro potenziale di guadagno e permettendo di pianificare e bilanciare le loro famiglie e carriere. Nella decisione di interrompere una gravidanza indesiderata è infatti decisivo il peso delle finanze familiari, come ha dimostrato un importante studio dell’Università della California di San Francisco e come conferma un’analisi dei dati del National Bureau of Economic Research, dalla quale emerge quanto una percentuale maggioritaria delle donne che si apprestano all’interruzione di gravidanza sia sotto la soglia di povertà. Tassi di povertà e di disoccupazione che diventano addirittura più elevati nei casi di quante si sono viste negare l’intervento, incidendo sul benessere economico e sulle prospettive anche dei figli stessi. Le medesime cliniche ad offrire servizi di pianificazione familiare sono poi, in moltissimi casi, le stesse a cui le donne si rivolgono per le cure preventive, con un ruolo primario nell’assistenza sanitaria.

Contro il divieto - Un’onda contraria e opposta a questa inversione di marcia sui diritti delle donne arriva però da alcuni stati, come la California, che già si stanno attivando per proteggere l’accesso all’aborto nei loro territori. Gli stessi e gli unici dove moltissime donne saranno costrette a spostarsi, avendone i mezzi, dagli Stati più conservatori. Proprio per questo un sostegno arriva anche dal privato, con molte società come Disney, JP Morgan, Levi Strauss e Microsoft, tra le prime a garantire alle proprie dipendenti, residenti negli Stati dove il divieto diverrà legge, l’intera copertura delle spese di viaggio per affrontare l’intervento.

Una sentenza, insomma, che sfida il mondo intero, accodandosi a restrizioni che da qualche tempo stanno tornando con gli estremismi in troppi Paesi, come Malta o la Polonia ancor prima degli Stati Uniti.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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