9 maggio 2019

CNDCEC: il rilancio del settore immobiliare attraverso l’equità fiscale

È stato pubblicato ieri, il documento sulle tematiche relative alla riforma della fiscalità del settore immobiliare nel segno dell’equità, della semplificazione e del rilancio del settore, dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, durante l’audizione per la riforma della fiscalità immobiliare presso la Commissione bicamerale permanente di vigilanza sull’anagrafe tributaria.

Nel presente documento è stato sottolineato l’evento secondo cui l’arco temporale trascorso dalla Legge n. 244 del 2007 ha segnato il passaggio da un auspicio di riordino sulla pressione fiscale esercitata sugli immobili, all’effettiva complicazione della fiscalità immobiliare.

Quanto appena descritto, negli anni passati, è stato oggetto di interventi che ne hanno ulteriormente accentuato in modo significativo il peso in termini di pressione fiscale e complessità per i contribuenti.

In primo luogo, è stato rilevato che appare del tutto necessario per quel che concerne il piano equitativo, una riforma del catasto che consenta di aggiornare, allineare e razionalizzare i valori catastali che vengono utilizzati quali parametro legale su cui si innestano i meccanismi di calcolo delle basi imponibili delle imposte d’atto sui trasferimenti (registro, ipotecaria e catastale), delle imposte locali di possesso (IMU e TASI) e, in talune fattispecie, delle imposte sui redditi.

La necessità più urgente verte sulla logica del mancato utilizzo dell’immobile che deve subire un cambio di rotta rispetto all’attuale utilizzo. È infatti noto che la mancata utilizzazione di un immobile ad uso abitativo determina oggi ai fini delle imposte sul reddito addirittura un aggravio di tassazione – mediante un aumento della base imponibile figurativa applicata sui cosiddetti “immobili a disposizione” – mentre è del tutto irrilevante ai fini delle imposte indirette e delle imposte locali di possesso.

È inevitabile che l’attuale logica usata costituisce un evidente freno all’investimento immobiliare. Al fine di consentire un rilancio del settore equo e condivisibile, l’attuale documento pubblicato pone in risalto come sia arrivato il tempo di rimuovere l’incomprensibile disparità di trattamento fiscale che caratterizza gli immobili strumentali per l’esercizio di un’attività di impresa e gli immobili strumentali per l’esercizio di un’attività di lavoro autonomo.

Un altro aspetto altrettanto urgente da dover trattare è la cosiddetta “soglia di non rettificabilità” della base imponibile ai fini delle imposte indirette per la generalità dei trasferimenti immobiliari.

Dal momento in cui il legislatore fece la scelta di limitare questo meccanismo ai soli trasferimenti di immobili abitativi ceduti da persone fisiche non esercenti attività di impresa (o di lavoro autonomo o che comunque cedevano l’immobile quali “privati” e non nell’esercizio della propria attività), è divenuto praticamente impossibile cedere un’azienda comprensiva di uno o più beni immobili senza ritrovarsi coinvolti in contenziosi tributari incentrati su valutazioni spesso aleatorie di teorici valori di mercato.

Inoltre, è stato ampiamente annunciato in questo documento che per quanto riguarda l’effettiva semplificazione di taluni interventi, appare indispensabile adottare l’accorpamento della TASI nell’IMU. Attualmente, la TASI, nei comuni in cui essa non è stata azzerata, rappresenta a tutti gli effetti un inutile duplicato dell’IMU, con la quale condivide la totalità delle basi imponibili, con la sola eccezione dei terreni agricoli, che peraltro sono stati da ultimo largamente esentati anche dall’IMU.

Infine, nel documento viene dato parere favorevole per le scelte operate dall’attuale Governo nell’ultima manovra di bilancio e più recentemente nel Decreto Legge n. 34 del 2019 (cosiddetto “Decreto Crescita”), per effetto delle quali è già previsto un graduale aumento nei prossimi anni della soglia di deducibilità dell’IMU sino ad arrivare al 70%.
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