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“L’arrivo in aula nei prossimi giorni di un testo unificato sull’equo compenso che mette insieme le proposte precedentemente formulate dagli onorevoli Meloni, Mandelli e Morrone è un’accelerazione importante che speriamo sia sintomatica di una reale e condivisa volontà politica di superare gli attuali limiti che caratterizzano la normativa”. È quanto dichiara il vicepresidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Giorgio Luchetta, che ribadisce la richiesta più volte avanzata dalla categoria di “superare la nozione di cliente forte e di ampliare l’applicazione della norma anche attraverso il riferimento a tipologie di accordo diverse dalle convenzioni unilateralmente predisposte. Così com’è oggi, la normativa vigente non è in grado di garantire una reale e concreta tutela dell’equità del compenso professionale”. Secondo Luchetta “serve un compenso minimo obbligatorio”.
“Segnaliamo da tempo – prosegue Luchetta - la necessità di ampliare l’ambito applicativo delle disposizioni di tutela dell’equo compenso, indicando in particolare l’opportunità di estendere tale disciplina oggi vigente solo nella contrattazione massiva tra professionista e contraente forte, ossia banche e assicurazioni, ovvero tra professionista e Pubblica Amministrazione, anche a un qualsiasi accordo con un diverso cliente - committente, eliminando qualsiasi riferimento alla natura o alla dimensione di quest’ultimo. Nell’articolato che sarà a giorni in aula, l’estensione operata dall’art. 2 alle sole imprese che presentano importanti parametri dimensionali non appare significativo al fine di assicurare un’adeguata e concreta tutela dell’equo compenso dei professionisti, considerato che nel contesto italiano molte imprese di piccola e media dimensione risultano essere contraenti forti rispetto al professionista. Sarebbe pertanto auspicabile – conclude Luchetta - prevedere che la disciplina venga estesa quantomeno a tutte le imprese, escludendo dunque dal suo ambito applicativo solo i soggetti individuati come consumatori”.