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La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Sent. n. 23670/2018) ha affermato che l’avviso di accertamento, emesso prima del termine dilatorio di cui all’articolo 12 comma 7 della L. n. 212 del 2000, ove non ricorra una situazione di particolare e motivata urgenza, è affetto da un vizio intrinseco correlato al corretto iter formativo dell’atto, con conseguente illegittimità dello stesso anche ove il contribuente non abbia subito per effetto di tale violazione alcun concreto pregiudizio.
Gli atti impositivi sono stati emanati appena cinque giorni dopo la notifica alla Società contribuente del verbale di chiusura delle operazioni di verifica, con conseguente pressoché totale elisione del termine di sessanta giorni di cui all’articolo 12 comma 7 della Legge n. 212 del 2000, posto a garanzia del contraddittorio preventivo.
Al riguardo vale quanto affermato da Cass. nn. 5149/2016 e 17202/17, ossia che le ragioni di mancata osservanza del contraddittorio preventivo «non possono in alcun modo essere individuate nell'imminente scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa».
Invero, anche l'imminente scadenza del termine decadenziale può essere talvolta considerata quale ragione giustificativa della mancata osservanza del termine di sessanta giorni; ma ciò – spiegano gli Ermellini - solo quando l'Amministrazione dimostri(e motivi) che la protrazione dei tempi dell'accertamento, e il loro giungere alla suddetta imminente scadenza, sia dipesa da fattori non imputabili all’ufficio, perché indipendenti dalla sua azione e potestà; «così da imporsi la notificazione ante tempus dell'avviso di accertamento allo scopo di non veder vanificato, per l'influenza di elementi esterni al controllo dell'amministrazione o addirittura ascrivibili allo stesso contribuente, l'adempimento dell'obbligo tributario» (Cass. nn. 1869-3142-9424/2014).
Quanto agli effetti dell'inosservanza del contraddittorio - vale a dire, dell’emanazione dell'avviso di accertamento prima del decorso dei sessanta giorni (dal rilascio di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni) entro i quali il contribuente, che ha subito l'accesso, è ammesso a comunicare all'ufficio impositore osservazioni e richieste -, l’orientamento interpretativo della Suprema Corte è ormai consolidato nel senso, non della mera irregolarità procedimentale, bensì della radicale illegittimità sostanziale dell'avviso, atteso che «detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva» (per tutte, Cass. S.U. n. 18184/2013). La preminenza degli interessi protetti con il contraddittorio in oggetto esclude che la sua violazione possa successivamente trovare sanatoria di sorta; pur a fronte del diritto del contribuente, sempre garantito, di far valere le proprie ragioni in sede tanto di autotutela quanto di ricorso giurisdizionale. In tal senso deve interpretarsi la norma di riferimento la quale, pur non prevedendo espressamente alcuna sanzione di nullità in caso di mancato rispetto del termine, stabilisce comunque in modo non equivoco la preclusione all'ulteriore impulso dell'attività impositiva, posto che, prima del decorso del termine, «l'avviso di accertamento non può essere emanato».