31 gennaio 2018

Dichiarazione dei redditi. Sì a correzione anche se l’integrativa è tardiva

Cassazione Tributaria, ordinanza pubblicata il 30 gennaio 2018

Autore: PAOLA MAURO
Quando la dichiarazione rettificativa è stata presentata fuori tempo massimo, è comunque possibile per il contribuente emendare in sede contenziosa gli errori commessi. È quanto si precisa nell’ordinanza n. 2220/18 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione.

Tenendo conto del recente insegnamento delle Sezioni Unite (sent. n. 13378/2016, di cui si dirà meglio in seguito), la Sezione Tributaria della Suprema Corte ha accolto il ricorso di una società che ha commesso un errore materiale nella compilazione della dichiarazione mod. Unico 2001.

La contribuente ha presentato una dichiarazione integrativa ma poi ha ricevuto una cartella di pagamento per omesso o carente versamento di imposte, oltre interessi e sanzioni. Il ricorso in C.T.P. contro l’iscrizione a ruolo è stato respinto, e tale statuizione ha trovato conferma all’esito del giudizio di appello, poiché la C.T.R. ha anch’essa valorizzato la circostanza dell’invio tardivo della dichiarazione integrativa al fine di sostenere la decadenza della società dal potere di emenda.

Ebbene, la Suprema Corte non ha condiviso la conclusione del Giudice di appello.

Sulla questione sono intervenute le Sezioni Unite che, nello statuire sui termini di presentazione della dichiarazione integrativa per correggere errori o omissioni, hanno anche affermato che il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall'art. 2 d.P.R. n. 322/1998 e dall'istanza di rimborso di cui all'art. 38 d.P.R. n. 602/1973, in sede contenziosa può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione incidenti sull'obbligazione tributaria. (Cass. Sez. Un., n. 13378 del 30/06/2016).

Già in precedenza nella giurisprudenza di legittimità si era sostenuto che “poiché la dichiarazione è - in linea generale, salvo casi particolari o parti specifiche di essa - un atto di scienza e quindi sempre emendabile, il contribuente può fare valere eventuali vizi commessi nella redazione della stessa, che attengano al merito della pretesa tributaria, anche in sede contenziosa indipendentemente dal rispetto dei termini per la presentazione della emenda.” (Cass. Sez. V n. 23574/2012 e Sez. VI-5 n. 21740/2015).

La sentenza impugnata, pertanto, è stata cassata e la causa rinviata alla C.T.R. di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame.

Il chiarimento delle Sezioni Unite. Le Sezioni Unite della Suprema Corte sono state chiamate a pronunciarsi circa i limiti di emenda della dichiarazione fiscale e, con la sentenza n. 13378 pubblicata in data 30 giugno 2016, hanno affermato i seguenti principi:
  • la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l'indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d'imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui all'art. 2 comma 8-bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante;
  • la possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi conseguente a errori od omissioni in grado di determinare un danno per l'Amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dall'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973;
  • il rimborso dei versamenti diretti di cui all'art. 38 del d.P.R. 602/1973 è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui all'art. 2 comma 8-bis D.P.R. 322/1998;
  • il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dall'art. 2 d.P.R. 322/1998 e dall'istanza di rimborso di cui all'art. 38 d.P.R. 602/1973, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria.
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