12 gennaio 2018

Evasione, Cgia: oltre 93 Mld di imponibile occultati dalle imprese

Autore: ELENA FRASCONI

«In Italia, su un totale di valore aggiunto prodotto dall’economia non osservata, pari a 207,5 miliardi di euro, l’incidenza dell’evasione attribuibile alle aziende è del 44,9 per cento», conteggia e dichiara la Cgia di Mestre. In altre parole: ad oggi, sul Fisco italiano a gravare di più è la cattiva condotta di imprese e contribuenti con partita Iva. Cattiva condotta che vale ben 93,2 miliardi di euro, sostiene l’Ufficio studi della Cgia. Una cifra vertiginosa, nonostante sia diminuita di sei miliardi rispetto all’anno precedente e che conferma l’alto tasso d’infedeltà fiscale degli italiani. Per ogni 100 euro di gettito fiscale incassato, l'Erario perde 16,3 euro.

La sotto-dichiarazione del reddito d’impresa - La causa sarebbe la non corretta compilazione della dichiarazione dei redditi e, nella quota strettamente in capo alle aziende, il macro settore con la maggiore propensione all'evasione è quello dei servizi professionali. In particolare: attività legali e di contabilità, attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale, studi di architettura e di ingegneria, collaudi e analisi tecniche, altre attività professionali, scientifiche e tecniche e servizi veterinari. E anche secondo l’Istat l'incidenza della sotto-dichiarazione del reddito di impresa sul valore aggiunto totale prodotto dal mondo delle libere professioni è la più elevata, tra tutti i macro settori presi in esame.

A seguire la percentuale riferita al commercio all'ingrosso e al dettaglio, trasporti, alloggi e ristorazione (12,8%) e quella riferita alle costruzioni (12,3%). Più contenuto, invece, sembrerebbe il rischio di evasione presente nei servizi alle persone, nella produzione di beni alimentari e di consumo, nell'istruzione e nella sanità, negli altri servizi alle imprese, nella produzione di beni di investimento e nella produzione di beni intermedi, energia e rifiuti. Infine, sul totale del valore prodotto dall’economia non osservata, aggiunge la Cgia, c’è da considerare un altro 37,3% di evasione riconducibile al lavoro irregolare, ma anche un ulteriore 17,8% ascrivibile alle attività illegali e agli affitti in nero.

Regione per regione - A livello territoriale, la zona con l'evasione più elevata d'Italia è il Mezzogiorno con un percentuale del 7,6%; tocca poi al Centro con il 6,5%, il Nordest al 6% e il Nordovest, che si ferma al 5,4%. A livello regionale è il Molise la regione con la quota più elevata di evasione, pari all’8,4%.

Non da meno si rivelano l'Umbria, le Marche e la Puglia, insieme con Campania, Abruzzo, Calabria, Sicilia e Toscana. Diversamente, il Friuli Venezia Giulia dove l’evasione fiscale si avvicina al 5,8%; così come il Lazio, la Lombardia, la provincia autonoma di Trento e quella di Bolzano, tutti territori che presentano un rischio evasione più contenuto, affermano ancora dalla Cgia.

«Per combattere questa piaga sociale ed economica - sostiene il coordinatore dell'Ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo - la strada da percorrere è una sola: ridurre il peso del prelievo fiscale e rimuovere i numerosi ostacoli burocratici che condizionano, di fatto, coloro che ogni giorno fanno impresa». Secondo Renato Mason, segretario della Cgia: «E' verosimile ipotizzare che con meno tasse da pagare, si registrerebbe una decisa emersione di base imponibile tale da consentire al nostro fisco di concentrare le attività di contrasto nei confronti dei comportamenti fiscali più insidiosi».

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