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In materia di imposta di registro, i prelevamenti ingiustificati sul conto corrente del soggetto che ha acquistato l’immobile, anche se effettuati in corrispondenza con il pagamento del prezzo, non sono sufficienti a fondare l'accertamento sul venditore, in quanto l’accertata esistenza a carico dell'acquirente di indizi relativi a prelevamenti ingiustificati non determina di per sé l'esistenza dell'ulteriore e diverso indizio che dette somme siano state versate “in nero” per la compravendita.
È quanto si evince dalla lettura dall’ordinanza n. 1743/18 con cui la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha rigettato un ricorso dell’Agenzia delle Entrate.
La controversia riguarda un avviso di liquidazione per imposta di registro emesso a carico del soggetto cedente l’immobile, in conseguenza delle indagini finanziarie ex art. 32 d.P.R. n. 600/73 eseguite nei confronti del soggetto acquirente.
Da dette indagini sono emersi ingiustificati prelevamenti per la complessiva somma di euro 49.200 in corrispondenza del pagamento del prezzo di vendita, somma che l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto versata “in nero” e che perciò è stata sommata al prezzo dichiarato in atto di euro 540.000.
La Commissione Tributaria Regionale della Liguria, riformando la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Savona, ha accolto l’appello proposto dal contribuente (venditore), annullando l’atto impositivo. La Commissione di secondo grado ha motivato la decisione con il rilievo dell’inutilizzabilità, ai fini dell'accertamento dell'imposta di registro, dei poteri di cui agli artt. 31 e seguenti del d.P.R. n. 600 del 1973.
Avverso la decisione di appello ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate lamentando la violazione di legge in relazione agli articoli 53-bis del d.P.R. n. 131 del 1986 e 32 del d.P.R. n. 600 del 1973.
Nel testo applicabile alla fattispecie, l’articolo 53-bis del T.U.R. (“Attribuzioni e poteri degli uffici”) stabilisce che:
Tuttavia il ricorso dell’amministrazione deve essere respinto, perché – si legge nell’ordinanza in esame - “il giudice di merito correttamente ha valorizzato - in ciò non venendo censurato nel ricorso - che l'accertata esistenza a carico dell'acquirente di indizi relativi a prelevamenti ingiustificati non determina di per sé l'esistenza dell'ulteriore e diverso indizio, necessario allo scopo di fondare l'accertamento sulla venditrice (omissis), che dette somme siano state versate in nero per la compravendita.”
La Suprema Corte, pertanto, corregge ai sensi dell’art. 384, comma quarto, cod. proc. civ. la motivazione della sentenza impugnata (perché il dispositivo è conforme al diritto) e rigetta il ricorso dell’Ufficio finanziario, non statuendo sulle spese processuali in ragione della mancata costituzione della controparte.