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La Corte di Cassazione ha avuto modo di enunciare interessanti principi in tema di sequestro preventivo “diretto” e “per equivalente”, nell’ambito dei reati di cui al D.lgs. n. 74 del 2000.
Con la Sentenza 29862/2018, la Terza Sezione Penale della Suprema Corte ha respinto il ricorso proposto da due soggetti – nella specie, l’amministratore unico e l’amministratore di fatto di una S.r.l. – indagati per il reato di omessa dichiarazione.
Il GIP ha disposto il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, di denaro, beni mobili e immobili nella disponibilità degli indagati, fino all'equivalente della somma ritenuta evasa (€ 421.950,00), ove il sequestro diretto nei confronti della Società fosse risultato infruttuoso o incapiente rispetto a detto importo.
Dopo la conferma della misura cautelare da parte del Tribunale del Riesame, gli interessati si sono rivolti ai giudici di legittimità lamentando, in estrema sintesi, che lo spostamento del sequestro dalla società (in via diretta) alla persona fisica (per equivalente) richiedeva il preliminare accertamento dell'assenza di un bene costituente il profitto o il prezzo del reato in capo all'impresa.
Per i ricorrenti, il GIP si sarebbe limitato a specificare con un inciso, riportato nell'ultimo periodo del decreto impugnato, che «il sequestro per equivalente è subordinato all'infruttuosità o incapienza del sequestro diretto nei confronti della società» e ciò non sarebbe sufficiente a escludere quel necessario preliminare accertamento circa l'impossibilità, anche transitoria, di procedere al sequestro in forma diretta.
Ebbene, i Massimi giudici hanno respinto il ricorso, con enunciazione dei seguenti principi di diritto: