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Alla luce di tutte le polemiche sollevate nei mesi scorsi con riferimento a questa particolare categoria si è giunti finalmente ad un passo importante.
È stato siglato il primo contratto collettivo nazionale che, aldilà di ogni dubbio, inquadra questo particolare servizio quale lavoro dipendente ed in quanto tale doverosamente da tutelare, sia in termini di retribuzione sia di assicurazione previdenziale, assistenziale e infortunistica.
Partiamo ricostruendo un po' l’ambito del contendere. la figura del rider, o fattorini per consegne a domicilio, nasce da una start up in Germania nel 2014.
Si tratta, appunto, di consegne a domicilio in particolar modo di cibi pronti; funziona in modo semplice: attraverso una app si seleziona il cibo che si desidera ricevere a domicilio, scegliendolo tra una lista di ristoranti convenzionati, ed un fattorino in bici, chiamato appunto rider, esegue la consegna a domicilio.
Molti la identificano come il futuro della consegna a domicilio, tant’è che sta prendendo sempre più piede anche in Italia.
Può diventare, con le opportune tutele e regolamentazioni, una attività interessante soprattutto per studenti e per chi ha bisogno di arrotondare.
I rider lavorano per le piattaforme multinazionali, tra le più note ricordiamo: Foodora, Deliveroo, Uber e Glovo.
Fino ad ora sono stati considerati equiparabili a contratti di collaborazione coordinata e continuativa; i “collaboratori” utilizzano mezzi propri, possono scegliere tempi e luoghi di lavoro senza obbligo di reperibilità o di disponibilità.
La recente protesta, il cui fulcro è stato a Bologna, ha portato alla sottoscrizione di una “Carta dei diritti” siglata, appunto a Bologna, tra Riders Union e Cgil, Cisl e Uil, si fonda in particolar modo sulla richiesta da parte dei fattorini di:
Questa affermazione trova fondamento nel fatto che i rider si interfacciano con il committente al solo fine di eseguire correttamente la propria prestazione, senza che ciò influisca sulla modalità organizzativa dello svolgimento della prestazione che rientra nella completa autonomia del lavoratore.
Un altro elemento a favore della identificazione di lavoro autonomo è il fatto che non sia prevista una retribuzione fissa.
Come abbiamo già avuto modo di dire precedentemente, il lavoratore sceglie tempi e luoghi di lavoro.
I rider accedono, infatti, alla piattaforma dei turni e decidono in autonomia e senza obbligo di garantire una reperibilità, in che misura dare la loro disponibilità.
Oltre a ciò il Committente, nel caso di specie, non fornisce neppure i mezzi per lo svolgimento della prestazione, dovendo il rider utilizzare propri mezzi.
Ai sensi dell’ex articolo 2 del Decreto Legislativo n. 81/2015 il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, nell’ambito dei quali sono inquadrati i rider, non può essere inquadrato come lavoro dipendente in quanto i tempi e i luoghi di lavoro non sono predeterminati dal datore di lavoro ma scelti dal lavoratore stesso.
Tale contratto prevede, comunque, l’assicurazione INAIL ed i contributi previdenziali INPS (alla gestione separata) anche se, a differenza dei contratti di lavoro subordinato, il carico per entrambi i contributi è posto per 1/3 in capo al collaboratore e per 2/3 in capo al Committente.
Le indicazioni, anche giurisprudenziali, sopra indicate risultano recentissimamente stravolte alla luce del nuovo contratto collettivo nazionale della logistica siglato tra associazioni datoriali della logistica e sindacati confederali il 19.07.2018, che inquadra definitivamente i rider quali lavoratori dipendenti, seppure in presenza di flessibilità oraria e opportunamente tutelati.
Il contratto collettivo fissa anche le caratteristiche guida dei contratti da stipularsi individuando in particolar modo i seguenti elementi: