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L'INPS, con il messaggio 7 giugno 2018, n. 2277, ha fornito alcune precisazioni in merito all’ipotesi che si verificherebbe nel caso in cui il beneficiario del Reddito d’Inclusione decida di rinunciarvi.
Il chiarimento dell’Istituto riprende alcune indicazioni già diffuse dal Ministero del Lavoro con due precedenti note dello scorso 4 giugno:
La nota ha chiarito altresì che la rinuncia avrà effetto dal momento della presentazione dell'istanza al Comune e fatti salvi i diritti già maturati e che l’INPS (che è l’ente che provvede concretamente all’erogazione della prestazione), dunque, dovrà continuare ad erogare il beneficio fino al mese in cui è stata presentata la rinuncia, e non oltre.
Rifacendosi in particolare a quest’ultima nota, l’INPS, col citato messaggio, ha perciò puntualizzato che la possibilità di rinunciare al reddito di inclusione è soggetta all'autorizzazione dell'amministrazione comunale competente alla presa in carico del nucleo familiare, previo accertamento della volontà da parte di tutti i componenti maggiorenni dello stesso di rinunciare al predetto beneficio.
Difatti, il progetto personalizzato sottoscritto da parte dei componenti maggiorenni del nucleo familiare con il Comune di residenza non riguarda solo il titolare del REI ma tutta la famiglia e prevede specifici impegni, regole ed obblighi da osservare nonché obiettivi da perseguire, al fine di raggiungere gli obiettivi di contrasto e superamento delle condizioni di povertà che hanno giustificato la richiesta.
Lo stesso Ministero del Lavoro ha, inoltre, osservato che alcune domande di REI sono state respinte poiché è stata rilevata la sussistenza di un’attività lavorativa da parte di qualcuno dei componenti del nucleo familiare al momento della presentazione della domanda, nonostante nella stessa (nel quadro D) fosse stata resa l’attestazione che “nessun componente del nucleo familiare svolge attività lavorativa”.
Tale situazione si è spesso verificata a causa della mancanza, nell’archivio UNILAV, della comunicazione obbligatoria di cessazione di una precedente attività lavorativa e dell’impossibilità di provvedere ad un invio tardivo della stessa, ove il rapporto di lavoro sia risultato cessato da molto tempo, anche a causa della chiusura dell’azienda interessata a seguito di procedure concorsuali già concluse.
In tali casi, la Direzione Generale per la lotta alla povertà e per la programmazione sociale del Ministero del Lavoro, con nota prot. 6223/2018, ha ritenuto che l’INPS possa valutare la effettiva conclusione del rapporto lavorativo, verificando la cessazione dell’attività dell’azienda interessata, valutando tutte le informazioni presenti nei propri archivi o anche eventuale la documentazione presentata dal cittadino, facendo salva la decorrenza originaria della prestazione.