Pubblicato dal CNDCEC, con il Memorandum n. 12, il documento “La previdenza complementare”, elaborato dal Gruppo di Lavoro Pensioni ed Enti Locali dell’Area Commercialista del Lavoro delegata al Consigliere Vito Jacono.
Il documento parte dall’esposizione degli andamenti di due fattori demografici – calo delle nascite ed innalzamento dell’età media della popolazione – per evidenziare come essi incidano, oltre che sull’economia nazionale, anche - di riflesso - sulla previdenza pubblica, in particolare da quando, a seguito degli interventi normativi compiuti negli anni 90, il sistema pensionistico obbligatorio contributivo ha sostituito quello retributivo, in aggiunta alle previsioni dell’innalzamento dell’età anagrafica per andare in pensione e dell’anzianità contributiva minima.
Le conseguenze dei mutamenti apportati al sistema pensionistico obbligatorio si sostanziano prevalentemente in un costante abbassamento delle pensioni in rapporto all’ultima retribuzione percepita (c.d. tasso di sostituzione), con la necessità sempre crescente avvertita dai lavoratori di cautelarsi “per il tempo della vecchiaia”, aggiungendo alla pensione maturata nel regime di previdenza obbligatoria uno strumento integrativo e cautelativo che fornisca loro una previdenza complementare (c.d. secondo pilastro).
Da ciò l’analisi dei mezzi con cui il Legislatore - nell’intento di garantire ai pensionati quell’esistenza libera e dignitosa che per ciascun individuo pretende la nostra Costituzione e che potrebbe risultare minata da attribuzioni pensionistiche troppo basse – ha previsto forme integrative di pensione, costruendo quindi un sistema previdenziale complementare che si affianca al sistema pensionistico pubblico.
Il sistema della previdenza complementare (portato a suo definitivo compimento con il Decreto Legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”) ha natura volontaria, in ciò differenziandosi dalle assicurazioni sociali obbligatorie pretese dallo Stato e corredate da specifiche sanzioni in caso di mancato adempimento dei relativi oneri contributivi. La volontarietà di quel sistema comporta che sia il lavoratore a poter scegliere, durante la sua vita lavorativa, di creare un fondo integrativo su cui poter contare una volta andato in pensione garantendosi il mantenimento del tenore di vita cui era abituato.
Lo studio prosegue quindi con l’indicazione dei tipi di “fondo pensione” previsti dalla normativa (art. 1 comma 4 del D.Lgs.252/2005) e dei soggetti destinatari (art. 2) che possono aderire in modo individuale o collettivo alle forme pensionistiche complementari. Analizza, quindi, più in dettaglio i meccanismi del trasferimento del TFR al fondo pensione e tutti gli aspetti operativi relativi al ricorso ad un fondo di previdenza complementare, anche con riguardo alla disciplina delle anticipazioni delle prestazioni dei fondi pensione ed alla portabilità degli stessi ad altri fondi.
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