Alcune domande e preoccupazioni ricorrono frequentemente tra i commercialisti. Si tratta di quesiti che sempre più spesso giungono al nostro quotidiano, o emergono nel corso dei diversi convegni cui partecipiamo. Li abbiamo sottoposti a Massimo Miani, recentemente eletto Presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, che gentilmente ha risposto ai nostri microfoni.
D. Presidente Miani, Lei si è insediato in un momento particolare. La base è particolarmente stanca ed irritata. Molte sono le critiche, anche rivolte alla precedente governance. Cosa si sente di dire agli iscritti, per tranquillizzarli?
R. «Posso garantire che primariamente lavoreremo sui temi in merito ai quali emergono le più forti lamentele. Faremo tutto quanto in nostro potere per risolverli, ma devo ricordare che non è cosa semplice né immediata. Soprattutto in ambito fiscale il percorso si presenta difficile, perché spesso ci si scontra con le esigenze di gettito del Paese. Sicuramente daremo priorità alle attuali esigenze degli iscritti, ma non ci limiteremo a questo. Vogliamo anche lavorare sulle prospettive future della professione».
D. Non appena insediatosi Lei - a differenza dei suoi predecessori - ha avuto il coraggio esporsi sul web, rispondendo ai tanti colleghi che ponevano domande ed esprimevano critiche, e tentando di spiegare i risultati ottenuti a seguito dei primi contatti avuti con l’Agenzia delle Entrate ed il Governo. Sta di fatto che anni di promesse disattese hanno generato una certa disaffezione. Perché ora gli iscritti dovrebbero avere una maggiore fiducia?
R. «Intanto spiego il perché della mia partecipazione come osservatore - e talvolta come interlocutore - sui social. Ritengo che sia doveroso, da parte di una persona che ha responsabilità di governo di un’intera categoria, capire e percepire gli umori, anche quando questo accade non nel migliore dei modi. Spesso l’esasperazione porta ad espressioni ineducate sul web, mentre io cerco sempre una interlocuzione serena, leggo e cerco di intervenire, cercando di spiegare quello che stiamo facendo. Tutto questo perché da parte mia c’è la massima attenzione a tutti i problemi dei colleghi. Ed è proprio questa attenzione che penso debba ispirare nuova fiducia. Il punto è che ci vuole pazienza, la critica posta oggi è prematura, è frutto di meri pregiudizi. Tra qualche mese si potranno effettuare le prime valutazioni a ragion veduta. E’ ben vero che io facevo parte anche del Consiglio precedente, ma ora la situazione è diversa, le condizioni sono cambiate. L’attuale Consiglio è forte e gode di ampio consenso, quindi ci sono gli elementi per poter lavorare bene».
D. Gran parte degli iscritti è costituita da studi di piccole e medie dimensioni, talvolta uni personali, molto diversi e distanti dalle grandi realtà. Quali sono le prospettive, a suo avviso, per coloro che ‘vivono di contabilità’? Avranno un futuro?
R. «Sì, avranno un futuro, se capiranno che le circostanze cambiano e che bisogna sapersi adeguare ai cambiamenti. Il lavoro che abbiamo fatto per tanti anni sta attraversando una forte crisi, prova ne sono le tante lamentele. Certamente sarà necessario cambiare il modo di lavorare. Quello che stiamo cercando di fare, e che non era mai stato fatto prima, è quello di guardare al futuro per prepararci alle nuove sfide. Cerchiamo di intuire quali potranno essere le attività dei prossimi anni, dato che le innovazioni in campo tecnologico e digitale stanno cambiando completamente l’attuale scenario, per trovare il giusto ruolo del commercialista in queste nuove condizioni, e prepararsi al meglio».
D. Molti ritengono che l’uso di toni troppo moderati ed un approccio da sempre ‘morbido’ nei confronti dell’Agenzia delle Entrate possano essere causa o concausa degli attuali problemi della categoria. Condivide questo punto di vista?
R. «Potrebbe essere, ma io non ho ritenuto opportuno partire, appena insediato, con un atteggiamento duro. Prima si passa dall’interlocuzione, se poi gli esiti non dovessero essere quelli sperati, assumeremo atteggiamenti diversi».
D. Quindi non esclude, trascorso un ragionevole lasso di tempo dedicato all’interlocuzione, di cambiare atteggiamento?
R. «Certamente. Se l’interlocuzione non portasse ai risultati auspicati non escludo di pormi con maggiore fermezza in futuro, ovviamente sempre con educazione».
D. Una delle critiche che più frequentemente pervengono al nostro quotidiano è il rilevare che nella governance della categoria, così come accade in politica, vi sia distanza tra la base ed i vertici. Il sentore è che ci rappresenta non sappia cosa accade veramente all’interno di uno studio. Cosa ha da dirci in proposito?
R. «So bene che molti dicono che chi siede in Consiglio Nazionale non conosce i problemi reali, perché non svolge alcune tipologie di attività. Ebbene, non è così. Per esempio, nel mio studio si vive anche la vita quotidiana, e la stessa cosa succede anche negli studi di molti altri consiglieri. C’è da rilevare che spesso l’iscritto guarda solo a ciò di cui si occupa direttamente, mentre il nostro ruolo ci impone un ambito di interesse ben più ampio, ma posso assicurare che abbiamo assolutamente chiara la visione d’insieme».
D. Parliamo di antiriciclaggio, uno dei grossi problemi che ci affligge. Non Le sembra che sia un adempimento esageratamente complesso e che prevede sanzioni spropositate? Quali rassicurazioni si sente di dare agli iscritti?
R. «Quanto all’antiriciclaggio noi abbiamo fatto il possibile. Ci sono ancora alcuni margini di miglioramento e abbiamo già chiesto di essere sentiti in commissione ai primi di aprile, però non bisogna dimenticare - e purtroppo taluni spesso lo dimenticano - che esistono delle norme sovra nazionali, che non possono essere modificate dalle norme nazionali. Per esempio, con riferimento alle sanzioni, occorre avere chiaro che esiste una direttiva europea, oltre la quale non possiamo andare. Questo significa - e noi lo stiamo facendo - che dobbiamo lavorare molto di più in ambito europeo, per intervenire a monte. Abbiamo già ottenuto molto, ottenendo, per esempio, la conferma dell’esenzione degli obblighi per le dichiarazioni dei redditi e per l’attività di curatore. Ancora qualcosa si può fare, ma non molto. Gli iscritti devono capire che se ce lo impone una norma europea, noi non possiamo farci nulla».
D. Per concludere, uno sguardo verso il futuro. Qual è, a Suo avviso, la direzione che deve seguire il commercialista di domani? Il piccolo studio avrà ancora un suo mercato?
R. «Secondo me, sì. Penso al ruolo di certificatore nei processi delle fatture elettroniche B2B ma non solo. Ci stiamo ad esempio confrontando con i principali gruppi bancari, per valutare se, a fronte di un bilancio certificato, possano discendere vantaggi per i piccoli imprenditori, ad esempio un più semplice accesso al credito. In questi scenari possiamo ricavarci un ruolo, da svolgere con la serietà che ci contraddistingue. Altro futuro potrebbe essere quello dedicato ad attività più specialistiche. Insomma, le direzioni in cui potersi muovere sono molteplici, e consentiranno sbocchi per tutti i commercialistii».