9 giugno 2017

DEBITO DELLE FAMIGLIE NELLO SCENARIO MACROECONOMICO ED EQUO COMPENSO: TRA I TEMI DELLA RELAZIONE DEL PRESIDENTE MIANI ALL’ASSEMBLEA DEGLI ORDINI

Si è tenuta ieri a Roma l’Assemblea Generale degli Ordini dei Commercialisti, l’atteso appuntamento che - oltre a delineare lo stato della professione – è stato anche un’idonea cornice entro la quale, attraverso gli interventi anche di autorevoli esponenti politici, si è voluto tracciare un quadro delle strategie occorrenti al traghettamento del Paese al di là dell’attuale crisi, puntando anche sull’efficienza e sulla competenza dei professionisti.

Nella sua relazione introduttiva il Presidente del CNDCEC, Massimo Miani, ha anzitutto delineato gli aspetti dello scenario macroeconomico, tanto con riguardo alla questione fiscale che ai debiti delle famiglie, indicando le possibili linee di progettazione di una valida riforma. Si è quindi soffermato sul ruolo delle professioni regolamentate e sullo sviluppo delle funzioni sussidiarie quale strumento per migliorare l’efficienza dell’attività della P.A., con conseguente rinvio alla necessità di determinazione dell’equo compenso.

Più nello specifico, avvalendosi del supporto di slides descrittive, Miani ha illustrato – nel quadro macroeconomico – le variazioni del PIL reale e nominale nel decennio 2017-2016, e l’incidenza della pressione fiscale su quest’ultimo, rilevando come a fronte di segnali di ripresa testimoniati da una crescita del PIL tendente quest’anno all’1,1%, persistono ancora condizioni di grave difficoltà soprattutto per le famiglie e le imprese, i cui redditi risultano essere quelli maggiormente colpiti dalla crisi.
Indi si è soffermato sul grafico dell’andamento della pressione fiscale in Italia dal 1995 con una proiezione fino al 2020,rilevandone un picco negli anni 2012-2014 ed una prospettiva di quasi stabilità e di lieve riduzione per il prossimo triennio grazie ad interventi strutturali che l’hanno ridotta dal 43,7% , cui si collocava nel 2013, al 41,8% cui dovrebbe attestarsi in questo 2017. Ciò equivale in termini di Pil a quasi due punti, concentrati per la quasi totalità su lavoratori e imprese. Miani ha tuttavia osservato che l’efficacia degli interventi intrapresi va, sì, proseguita ma avendo cura di indirizzare quelli prossimi alla riduzione delle imposte del ceto medio italiano (impiegatizio, professionale e imprenditoriale, i cui redditi dichiarati tra i 28.000 e i 55.000 euro subiscono attualmente un prelievo fiscale del 38%, nel nome di una progressività definita “feroce ed espropriativa”), che, ad oggi, ne è stato escluso.

Sul fronte delle semplificazioni fiscali, al di là di un riscontro positivo sul “730 precompilato”, Miani ha, pure in questa occasione, ribadito che gli interventi si sono succeduti in modo disorganico e disordinato, generando sovente vere e proprie complicazioni, come è accaduto per l’introduzione delle comunicazioni trimestrali delle liquidazioni IVA, la quadriplicazione dei termini di presentazione dello spesometro, l’ampliamento dello split payment e la stretta sulle modalità di compensazione e di detrazione dell’IVA; misure spuntate improvvisamente e in assenza di un preliminare confronto con le categorie economiche che debbono effettuarne l’adempimento e degli intermediari fiscali che li eseguono per loro conto.
A riguardo Miani ha voluto lanciare un monito alla politica, rilevando che se alla volontà di non aumentare le tasse si contrappone un incremento degli adempimenti e dei vincoli fiscali, si rischia di cagionare un danno maggiore di quello che si vuole evitare non aumentando l’imposizione. Difatti, con tali modalità non si consegue un reale contenimento della pressione fiscale, ma la sola concentrazione degli aumenti in capo a chi lavora e produce in un contesto di crescente e preoccupante burocratizzazione del sistema.
Da ciò l’invito a “tornare alle buone prassi” seguite negli ultimi anni, senza l’uso di norme anti-evasione per fare coperture finanziarie, sollecitando, in tale direzione anche l’Agenzia delle Entrate ad un cambio di registro e ad un dialogo “vero” con i commercialisti.

L’altro punto saliente della relazione del Presidente è stato quello dell’aumento del debito delle famiglie, messo in correlazione con la crisi da sovraindebitamento che ne consegue ed alla quale pare non venga prestata la dovuta attenzione. Il dato a riguardo riportato da Miani riferisce una percentuale del 7,3% (nel 2016) delle famiglie in condizione di “vulnerabilità finanziaria”, superiore persino a quello della Grecia (7%). A ciò si aggiunge la grave carenza di cultura finanziaria e dunque di conoscenza di strumenti utili a fronteggiare le condizioni di sovraindebitamento.

Richiamando le risultanze dell’indagine sui bilanci delle famiglie che viene condotta ogni due anni dalla Banca d’Italia, Miani ha illustrato che a fronte della crescita del reddito disponibile e dei consumi delle famiglie, della ripresa dei mutui per l’acquisto di abitazioni e del credito al consumo, sono tuttavia rimasti invariati gli indici di disuguaglianza e parimenti elevato è rimasto il numero di famiglie in condizioni di disagio economico se non di vera e propria povertà; difatti la ripresa dell’occupazione “ha coinvolto in misura minore le fasce di popolazione più esposte al rischio di marginalizzazione sociale”. Né è valso a migliorare tale situazione il ricorso alla cessione sul mercato dei crediti deteriorati da parte delle banche, che, pur essendo in Italia molto elevato, non si è rivelato sufficiente a risollevare le sorti delle famiglie indebitate.

Miani ha dunque manifestato a nome dei commercialisti “viva preoccupazione per la situazione debitoria delle famiglie, risultante dall’effetto combinato della crisi economica e del c.d. credito facile concesso dalle banche”, ponendo l’attenzione sulla necessità di predisporre interventi efficaci, quali si sono rivelati essere quelli di rottamazione dei ruoli, per la quale andrebbe proposta con una riapertura della finestra temporale di applicazione.
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