Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha pubblicato di recente alcuni Pronto Ordini con i quali ha fornito chiarimenti in materia di bilancio e, nello specifico, in merito all’eliminazione dei residui attivi. (P.O. n. 30/2020).
Sono stati chiariti, altresì, alcuni aspetti in ordine all’attività professionale, precisamente riguardo al mandato professionale per cessione d’azienda (P.O. n. 37/2020).
Il Pronto Ordini n. 30/2020 – È stato posto all’attenzione del Consiglio Nazionale un quesito con il quale si chiede un parere sullo stralcio dei residui attivi.
Sul punto, occorre prima precisare come le amministrazioni pubbliche che adottano la contabilità finanziaria, effettuano annualmente, e in ogni caso prima della predisposizione del rendiconto con effetti sul medesimo, una ricognizione dei residui attivi e passivi. Tale attività è rivolta alla verifica della sussistenza dei residui attivi e passivi, il cui ammontare si ripercuote direttamente sulla situazione amministrativa e, più precisamente, sull’avanzo (o sul disavanzo) di amministrazione.
Il CNDCEC ricorda la normativa vigente (art. 40 del D.P.R. n. 97/2003 “Riaccertamento dei residui e inesigibilità dei crediti”) la quale prevede, infatti, che gli enti pubblici compilino annualmente, alla chiusura dell’esercizio, la situazione dei residui attivi e passivi provenienti dagli esercizi anteriori a quello di competenza, distintamente, per esercizio di provenienza e per capitolo.
Tale situazione viene allegata al rendiconto generale, unitamente ad una nota illustrativa, predisposta dal Collegio dei revisori, nella quale l’organo di controllo esprime le proprie valutazioni circa le ragioni che giustificano la persistenza dei residui di maggiore anzianità e consistenza, nonché la fondatezza degli stessi.
Relativamente ai residui attivi, al fine della loro conservazione in contabilità e nelle scritture patrimoniali - evidenzia il Consiglio Nazionale - si dovrà verificare la sussistenza, concreta ed attuale, dei crediti sottostanti, ossia che gli stessi risultino giuridicamente fondati e non prescritti.
Il riaccertamento, quindi, comporta il riesame del titolo originario e la verifica dell’esistenza degli atti interruttivi della prescrizione. Nella circostanza in cui, a seguito del riesame, venisse accertato che il credito sia divenuto inesigibile lo stesso dovrà, pertanto, essere cancellato dalle scritture contabili.
La normativa vigente - come ricorda il CNDCEC - prevede espressamente che i residui attivi possono essere ridotti o eliminati solo dopo che siano stati esperiti tutti gli atti per ottenerne la riscossione, a meno che il costo per l’esperimento di tale procedura superi l’importo da recuperare e risulti, quindi, antieconomico per l’ente.
Quanto esposto per il riaccertamento dei residui attivi può valere, in via generale, anche per i residui passivi, i quali possono essere cancellati in tutti i casi in cui è venuta meno la causa originaria del debito stesso, ovvero nell’ipotesi in cui l’accantonamento di un previsto debito non sia più necessario.
Ulteriori cause di legittima cancellazione di un residuo passivo possono consistere, ad esempio, nella remissione del debito da parte del creditore, nella restituzione di una fornitura, nell’annullamento di una gara per l’acquisizione di beni o servizi.
Concludendo, il CNDCEC ricorda che le variazioni dei residui attivi e passivi e l’inesigibilità dei crediti, può avvenire solo tramite una motivata deliberazione del Consiglio dell’Ordine, da adottarsi prima dell’approvazione del rendiconto gestionale e previa acquisizione di un motivato parere del Collegio dei revisori.
Il Pronto Ordini n. 37/2020 – Un Ordine territoriale ha posto un quesito con il quale è stato chiesto di sapere se, un iscritto, nell’ambito di un incarico professionale avente ad oggetto una
business transaction relativa alla cessione di un’azienda, possa includere tra le attività oggetto del mandato anche quella di reperimento e selezione, in affiancamento al cliente, del potenziale acquirente.
Anzitutto il CNDCEC ha ricordato cosa s’intenda per “
business transaction”, una transazione d’affari, ossia una serie di attività dirette alla realizzazione e negoziazione di un’operazione commerciale (ad esempio la compravendita di un’azienda o di altro bene).
Inoltre, relativamente all’intervento del commercialista in tale ambito, il Consiglio Nazionale osserva che tale intervento può illustrarsi con diversi gradi di impegno, potendo richiedere di fornire al cliente:
- una mera assistenza contrattuale, consistente nel controllo dell’atto formale tra le parti che hanno già raggiunto accordi sostanziali;
- o una vera e propria consulenza contrattuale, attraverso la redazione di pareri tecnici e giuridici di indirizzo, al fine di pervenire alla concreta impostazione del contratto di cessione e alla sua sostanziale conclusione;
- ovvero entrambe le attività di assistenza e consulenza in ambito contrattuale che, fornite ad un livello massimo, possono comportare, da parte del professionista, la scelta dell’impostazione del contratto e la sua formale stesura nonché prevedere la sua partecipazione alle trattative, sino all’individuazione della possibile controparte. Tali attività, infatti, si possono esplicare sia in sede di trattazione e stipulazione di contratti, atti e scritture private, sia con riferimento ad ogni altra prestazione connessa a specifici contratti.
In merito alla fattispecie in esame, secondo il Consiglio Nazionale, l’attività di reperimento e selezione di potenziali acquirenti può rientrare tra le prestazioni di cui all’articolo 1, comma 1, dell’Ordinamento Professionale, non costituendo, in alcun modo, attività di intermediazione (attività, peraltro, non consentita agli iscritti per espressa previsione di legge e deontologica).
In effetti, come si evidenzia nel documento in commento, a differenza del mediatore, il professionista conduce l’attività di reperimento e selezione dei potenziali clienti su espresso incarico del cliente e per suo conto. Oltre a ciò, lo stesso, non percepisce provvigioni da entrambe le parti per la conclusione dell’affare, ma riceve un compenso esclusivamente dal cliente cui ha fornito tale prestazione.
In considerazione di quanto sopra esposto, concludendo, il CNDCEC evidenzia come nell’incarico venga espressamente precisato che, l’attività di reperimento e selezione del potenziale acquirente, viene svolta in affiancamento al cliente e che, per tale prestazione, il professionista maturerà non una provvigione, bensì un compenso professionale per la consulenza svolta a favore di questi.