15 ottobre 2019

FNC e CNDCEC: “Le passività potenziali: valutazione ed iscrizione in bilancio”

Autore: Pietro Mosella
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti (FNC) ed il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC), hanno pubblicato il 14 ottobre 2019 il documento di ricerca “Le passività potenziali: valutazione ed iscrizione in bilancio”.

Tale documento, offre un’analisi su un argomento molto dibattuto e che offre degli spunti di riflessione per guidare l’estensore del bilancio verso una più congrua collocazione di quelle che, non essendo considerate passività certe, devono essere, nelle loro differenti gradazioni, richiamate in bilancio mediante l’apposizione in un fondo rischi, piuttosto che in nota integrativa.

Il documento, in premessa, approfondisce l’articolo 2423, secondo comma, del c.c., che in tema di “chiarezza”, “veridicità” e “correttezza”, in alcune circostanze, pone di fronte alla necessità di valutare determinate poste di bilancio a cui si correla un “rischio” (ad esempio, crediti di difficile esigibilità) o più semplicemente una “garanzia”, reale e non, (ad esempio un bene immobile gravato da ipoteca), che potrebbe tramutarsi in rischio concreto (ad esempio, l’escussione dell’immobile).

I commercialisti, prima di soffermarsi sul concetto di passività “probabile”, “possibile” e “remota”, definendone il differente trattamento contabile, hanno ritenuto opportuno fare un richiamo alla differenza tra valori oggettivi e valori soggettivi, questi ultimi distinti in stime e congetture, poiché i rischi rientrano in buona sostanza tra le congetture. La congettura necessita un percorso valutativo adeguato a circoscrivere il valore “congruo” all’interno di un range di valori.

Le passività potenziali nel processo valutativo
Dopo essersi soffermati sui valori oggettivi, soggettivi, le stime e le congetture, il documento incentra l’analisi sul tema della valutazione e della contabilizzazione delle passività potenziali che si presenta, ancor oggi, non ben definito in relazione alle disposizioni codicistiche in vigore. In tal senso, un richiamo viene fatto, seppur indirettamente nell’articolo 2424-bis del Codice Civile, terzo comma, il quale prevede che “gli accantonamenti per rischi ed oneri sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio sono indeterminati o l’ammontare o la data di sopravvenienza”. In sostanza, estrapolando dall’inciso gli elementi caratterizzanti l’iscrizione in bilancio degli accantonamenti ai fondi rischi, si avrà che necessita:
  • la natura determinata dei debiti;
  • l’esistenza certa o probabile del debito, da valutare alla data di chiusura dell’esercizio.

Non ritenendo sufficienti le sole indicazioni codicistiche, occorre far ricorso ai suggerimenti forniti dagli organismi contabili nazionali ed internazionali, cercando di circoscrivere il concetto di passività potenziale e la portata informativa della medesima.
A tal proposito, i commercialisti pongono, quindi, l’attenzione sui principi contabili italiani e le passività potenziali e sui principi contabili internazionali e le passività potenziali.

In merito ai principi contabili italiani, si menziona anzitutto l’OIC 31, il quale, al paragrafo 5, stabilisce che “i fondi per rischi rappresentano passività di natura determinata ed esistenza probabile, i cui valori sono stimati. Si tratta, quindi, di passività potenziali connesse a situazioni già esistenti alla data di bilancio, ma caratterizzate da uno stato d’incertezza il cui esito dipende dal verificarsi o meno di uno o più eventi in futuro”.

Dopo aver ricordato anche quanto stabilito al paragrafo 9 e 10 dello stesso OIC 31, ci si sofferma su cosa s’intenda per “esistenza probabile” della passività e come la medesima debba essere valutata alla luce della sua concreta possibilità di tramutarsi in un eventuale perdita per la realtà aziendale.

In relazione ai principi contabili internazionali, si evidenzia che, il concetto di passività potenziale, nei principi contabili internazionali, viene direttamente correlato alla definizione di obbligazione con una distinzione tra “attuale” o “possibile”.

L’obbligazione “attuale”, che deve essere riferita ad un evento passato, non costituisce una passività potenziale in quanto, alla chiusura del bilancio, la probabilità di impiego di risorse finanziarie è stimabile con attendibilità. Ne consegue la formazione di un fondo rischi.

Viene, poi, richiamato il paragrafo 23 dello IAS 37, il quale descrive la probabilità come “[…] più verosimile che il fatto si verifichi piuttosto che il contrario, cioè la probabilità che il fatto si verificherà è maggiore della probabilità che non si verificherà”.

Le passività potenziali e il loro stanziamento nel fondo rischi
Un altro aspetto importante analizzato nel documento in questione, è quello riguardante il fondo rischi, in quanto, la ratio con cui viene costituito tale fondo, è quella di attivare un processo di autofinanziamento, attraverso la contabilizzazione di un costo non monetario, ovvero mediante una politica di ritenzione degli utili.

Si ricorda che, alla base dell’scrizione del fondo rischi ed oneri in bilancio, vi è sicuramente la natura della passività. In particolare, richiamando l’OIC 31, ai paragrafi 4 e 5, sono classificabili come fondi rischi, le passività i cui valori stimati presentano una natura determinata ed esistenza probabile, relativamente a situazioni in essere alla data di chiusura del bilancio.

L’apposizione del fondo deve essere fatta ad una data di bilancio, fermo restando la “valutazione di congruità dei fondi […] alla fine di ciascun esercizio”. L’eventuale variazione degli importi per un adeguamento del valore, a seguito dell’acquisizione di nuove informazioni, non comporta una correzione di errore, ma un cambiamento delle stime contabili, secondo quanto indicato nell’OIC 29.

Se, quanto rappresentato – si legge nel documento - concerne le passività “probabili” con ammontare determinabile, con riferimento alla passività “probabile” con ammontare non determinabile, quindi, passività “possibile” o “remota”, non vi è alcuno stanziamento nei fondi rischi futuri.

Conclusioni
Il documento termina con le conclusioni nelle quali, i commercialisti, in riferimento a quanto esposto, sottolineano che considerare un’obbligazione come attuale o comunque probabile, richieda una serie di riflessioni non sempre semplici da definire. La principale difficoltà, infatti, è sicuramente quella di stabilire se si è in presenza di un’“incertezza misurabile” (passività probabile) rispetto un’“incertezza non misurabile” (passività possibile o remota).

Nell’ipotesi di passività possibile, riconducibile a situazioni esistenti alla data di bilancio, per le quali non è affatto possibile determinare con ragionevole certezza il danno futuro, è sufficiente un richiamo tra le note di bilancio, nello specifico in nota integrativa. L’ultima categoria, rappresentata dalle passività remote, non richiede alcun tipo di informativa.

Per concludere, cercando di ripercorrere tutto quanto esposto, i commercialisti si soffermano, a titolo meramente esemplificativo, su una possibile casistica in cui è presente l’alea del rischio correlato all’ipotetica azione, che potrebbe essere attivata da un terzo che intende far valere una garanzia reale su un immobile per un finanziamento erogato.

Un’ipotesi, questa, che abbraccia sia il concetto di rischio futuro (mancato pagamento delle rate di un finanziamento) e sia la tematica della garanzia reale come passività potenziale.
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