21 settembre 2018

Gli effetti sulle imposte indirette della qualificazione urbanistica dei terreni

Autore: Gianfranco Antico
Lo Studio n. 16 del 2018, approvato dalla Commissione Studi Tributari il 19 aprile 2018 del Consiglio Nazionale del Notariato1, ha affrontato una serie di questioni legate alla qualificazione urbanistica dei terreni, approfondendo i concetti di “terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria” e di “terreno agricolo” e “fondo rustico” rilevanti al fine dell’applicazione delle diverse aliquote previste ai fini delle imposte indirette.

In particolare, in ordine alla nozione di “terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria”, l’art.36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito con legge 4 agosto 2006, n. 248 (cosiddetto “Visco – Bersani”) ha stabilito che: “Ai fini dell'applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, un'area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall'approvazione della regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo.”

Ricorda lo Studio del Notariato che subito dopo l’emanazione del decreto “Visco – Bersani” è comunque intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, la quale, con la sentenza n.25506 del 28 settembre 2006, ha affermato che “ai fini tributari sono edificabili tutti quei terreni che tali sono qualificati da uno strumento urbanistico, indipendentemente dalla sussistenza dell’approvazione regionale dello strumento stesso e di strumenti attuativi che rendano possibile in concreto il rilascio della concessione edilizia” in quanto è di comune esperienza che la circostanza che la vocazione edificatoria di un suolo sia stata formalizzata in uno strumento urbanistico, ancorché non operativo, è sufficiente a far lievitare il suo valore venale secondo le leggi di mercato; precisa però che “l’aspettativa di edificabilità di un suolo non comporta ai fini della valutazione fiscale, l’equiparazione sic et simpliciter alla edificabilità; comporta soltanto l’assoggettamento ad un regime di valutazione differente da quello specifico dei terreni agricoli”, valutazione che quindi non può essere identica per un terreno già concretamente edificabile e per uno che invece attende il compimento dell’iter previsto dalla legge per poter procedere all’edificazione.

Tuttavia, la stessa Suprema Corte ha individuato la categoria della cd.“edificabilità di fatto”, rilevante per la possibilità di rettifica ai fini delle imposte di registro – ipotecarie - catastali del valore di un terreno ai sensi dell’art.52 comma 4 del DPR n.131/86; le sentenze della Cassazione n. 20137 del 16 novembre 2012, n. 23026 dell’11 novembre 2016 e n.564/2017 hanno affermato che un terreno, “pur non essendo urbanisticamente qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria di fatto in quanto sia potenzialmente edificatorio anche al di fuori di una previsione programmatica. Una siffatta edificabilità non programmata, o fattuale o potenziale, si individua attraverso la constatazione dell'esistenza di taluni fatti indice, come la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l'esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati, e l'esistenza di qualsiasi altro elemento obbiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica”.

Filone interpretativo “sostanzialistico” che non viene condiviso dallo Studio del Notariato “perché contrario alla lettera e allo spirito della suddetta norma interpretativa generale contenuta nel decreto “Visco-Bersani”, che richiede comunque la sussistenza di elementi di diritto e non di mero fatto (almeno la approvazione dello strumento di pianificazione generale)”.

Preso atto che il decreto “Visco-Bersani” stabilisce alcuni fondamentali principi interpretativi sul momento in cui un terreno può dirsi “suscettibile di utilizzazione edificatoria” ma nulla dice sul concetto vero e proprio di “utilizzazione edificatoria”, che va tratto dalla concreta disciplina del diritto di costruire che l’ordinamento dà a un determinato terreno, lo studio del Notariato in esame individua diversi fronti e tesi:
  • la tesi radicale: è “suscettibile di utilizzazione edificatoria” qualunque terreno in cui è possibile costruire qualcosa;
  • Casi particolari: terreni agricoli “potenziati” a fini edificatori;
  • Casi particolari: terreni con vincolo di inedificabilità;
  • Casi particolari: i terreni con potenzialità edificatoria già sfruttata;
  • Casi particolari: terreni ricadenti in zone non residenziali ma destinate ad attrezzature ed impianti di interesse generale (zone F).

Precisa il documento notarile che la nozione di “terreno agricolo” non coincide quindi con quella di terreno “non suscettibile di utilizzazione edificatoria”, occorrendo che il terreno sia in effetti destinato all’uso agricolo. “Anche in questi casi si ritiene che la destinazione debba risultare dagli strumenti urbanistici, non rilevando l’uso di fatto del terreno; il trasferimento di un terreno coltivato, ma considerato suscettibile di destinazione edificatoria dagli strumenti urbanistici, sarà pacificamente soggetto a imposta di registro con l’aliquota normale del 9% e non con quella “maggiorata” del 15%. Viceversa, se gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione agricola, si applicherà l’aliquota del 15% anche se un terreno è di fatto destinato a uso non agricolo”.

Osserva il documento che, data l’irrilevanza delle destinazioni agricole “di fatto”, è solo agli strumenti urbanistici che occorre guardare per qualificare un terreno come “agricolo”; “da tali strumenti deve positivamente risultare tale destinazione e quindi non potranno considerarsi agricoli a fini fiscali tutti quei terreni che non hanno una destinazione urbanistica (le c.d. “zone bianche” di cui si è trattato sopra) ovvero non hanno una espressa destinazione ad uso agricolo (terreni destinati a verde pubblico o soggetti a vincoli di inedificabilità assoluta o ricadenti in zone di rispetto); ciò anche se in essi non è possibile edificare o se è possibile con un indice di fabbricabilità di 0,03 mc/mq o minore. Di conseguenza tali terreni saranno soggetti a imposta di registro con aliquota del 9% in caso di trasferimento e con aliquota del 2% in caso di locazione”.
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1La qualificazione urbanistica dei terreni: effetti sulle imposte indirette, a cura di PISCITELLO

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