22 settembre 2020

Il focus del CNDCEC sulle STP

Disciplina attuale, criticità e proposte

Autore: Felicia Sdanganelli
Con un documento di approfondimento pubblicato nella giornata di ieri, il CNDCEC e la FNC esamina l’istituto della società tra professionisti (s.t.p.) introdotta ad opera della Legge 12 novembre 2011, n. 183 ma ancora poco utilizzata a causa di una serie di criticità connesse in primis dalla configurazione di un modello incoerente con le necessità dei Professionisti che, distanti dal mondo “commerciale” sarebbero molto più inclini ad attribuire un valore all’integrazione e alla congiunzione del sapere professionale e della attività che ne deriva, piuttosto che al capitale conferito.

Nel documento vengono esaminati i principali aspetti civilistici, tributari e previdenziali, cogliendo l’occasione per proporre le modifiche necessarie per implementarne l’utilizzo.

Aspetti civilistici - L’art. 10, comma 3, della legge n. 183/2011 disposizione consente “la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V, VI del libro V del codice civile. Le società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di soci non inferiori a tre”. Le STP possono assumere sia la forma di società di persone che di società di capitali (anche unipersonale di cui unico socio sia un professionista iscritto in ordini o collegi), o anche di società cooperativa con almeno 3 soci. Non è invece ancora chiaro se la STP possa essere costituita come società a responsabilità semplificata di cui all’art. 2463-bis c.c.. I soci possono essere rappresentati da soli professionisti o anche soggetti non professionisti per prestazioni tecniche o per finalità di investimento. Il documento del CN evidenzia inoltre la possibilità per le società fiduciarie ovvero per i trust di partecipare alla STP.

La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di “società tra professionisti”; le STP costituito sotto forma di SAS e di SNC dovranno riportare il nome di almeno uno dei soci illimitatamente responsabili.

Per quanto riguarda i conferimenti – d’opera, naturalmente – un limite normativo si riscontra nella forma della s.p.a., laddove il comma 5 dell’art. 2342 del codice civile impone il divieto di conferire prestazioni d’opera e di servizi.

Ulteriori profili esaminati nel documento di approfondimento riguardano gli aspetti connessi alle responsabilità e all’incompatibilità della partecipazione del professionista a più STP. Tra le proposte avanzate dal consiglio vi è poi il riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, c.c. ai soci di STP.

Un ulteriore criticità della disciplina riguarda la possibilità di assoggettare a fallimento la STP, poiché di fatto la norma non prevede alcuna esclusione specifica.

Aspetti tributari – Uno dei principali profili disincentivanti l’adozione della STP attiene il regime di tassazione: il principale orientamento della prassi amministrativa, attribuendo rilevanza all’elemento soggettivo della veste giuridica societaria in luogo dell’elemento oggettivo dello svolgimento dell’attività professionale, ne ha qualificato il reddito prodotto dalle STP come reddito di impresa disciplinato dalle previsioni di cui agli articoli 6, comma 3, e 81 del TUIR, per effetto delle quali il reddito delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché delle società e degli enti commerciali di cui alle lett. a) e b) del comma 1 dell’art. 73 del TUIR. Fanno eccezione le STP costituite nella forma della società semplice, in quanto quest’ultima determina il reddito con le regole proprie del reddito di lavoro autonomo di cui agli articoli 53 e 54 del Tuir, essendo precluso l’esercizio di attività commerciali. Un caso differente invece è quello affrontato dall’Agenzia delle entrate nella risposta all’interpello n. 128 del 27 dicembre 2018: la STP costituita nella forma s.r.l. che eroga in favore dei soci somme di denaro ripartite in dodici mensilità e commisurate unicamente alle ore lavorative svolte per la STP deve operare la ritenuta d’acconto di cui all’art. 25 del D.P.R. n. 600 del 1973, in quanto le predette somme costituiscono reddito di lavoro autonomo ex art. 53 del TUIR.

Si rinvia al documento in esame per un approfondimento sulle criticità connesse alla qualifica di reddito, di impresa o di lavoro autonomo, primo fra tutti l’applicazione del principio di competenza, nel primo caso, in luogo di quello per cassa tipico dei professionisti.
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