Non è soggetto all’IRAP il consulente informatico-commerciale che svolge l’attività con lavoro proprio e che utilizza beni strumentali modesti. È quanto emerge da una recente pronuncia dei giudici di legittimità.
Con sentenza n. 21796/14, pubblicata il 15 ottobre, la Quinta Sezione Tributaria della Cassazione ha accolto il ricorso proposto nell’interesse di un consulente informatico-commerciale, in una controversia concernente l’IRAP versata, ma asseritamente non dovuta, per gli anni dal 1999 al 2002.
Secondo la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, il contribuente, per i periodi d’imposta considerati, aveva svolto l’attività con “organizzazione adeguata, come dalle evidenza offerte dalle parti che documentavano beni strumentali, quote di ammortamento, consumi, spese di rappresentanza ed altre spese per importi affatto trascurabili”.
La CTR ha quindi riformato il verdetto di prime cure sfavorevole all’Erario, avendo ravvisato la ricorrenza del presupposto impositivo in capo al consulente, il quale, per nulla convinto della correttezza della decisione d’appello, ha prontamente interessato della controversia i giudici tributari di Piazza Cavour.
Dinanzi alla Suprema Corte la difesa ha censurato la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che “l’adeguata organizzazione” di cui disponeva il contribuente coincidesse con il requisito dell’autonoma organizzazione, quando invece le spese di rappresentanza, le quote di ammortamento e i consumi riscontrati costituivano costi minimi che dovevano essere necessariamente sostenuti per esercitare l’attività. Inoltre la sentenza impugnata non considerava l’assenza di dipendenti.
Ebbene, la difesa ha fatto centro.
Investita della questione, la Sezione Tributaria del Palazzaccio ha ricordato che costituisce, oramai, ius recptum che presupposto per l'applicazione dell'imposta, secondo la previsione dell'art. 2 del D.Lgs. n. 446/97, è l'esercizio abituale di un'attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni oppure alla prestazione di servizi, il cui accertamento spetta al giudice di merito, e che ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità e interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'"id quod plerumque accidit", il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui.
È dunque realmente esistente, per gli Ermellini, il vizio di motivazione invocato dal ricorrente, “non avendo la CTR esplicitato, impedendo così la comprensione dell’iter logico seguito, le ragioni per cui - a fronte degli elementi fattuali rassegnati dal ricorrente quali la mancanza di personale dipendente e la modestia dei beni strumentali - gli importi per spese e beni strumentali fossero ‘affatto trascurabili’ ed integrassero, pertanto, il requisito dell'autonoma organizzazione richiesto dalla legge quale presupposto impositivo”.
La sentenza di secondo è stata pertanto cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR meneghina.
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