Quando non c’era una pretesa Buona Scuola ma semplicemente una scuola buona, pagine e pagine di quaderni, vergate rigorosamente a mano, venivano riempite da elenchi di parole ignote disvelate da definizioni ricopiate dal dizionario, da intere colonne di verbi coniugati in tutti i modi ed in tutti i tempi, da frasi scritte bicolore sezionate in complementi o proposizioni. Le parole venivano scritte per intero, senza crasi, contrazioni, abbreviazioni; si conoscevano perfettamente i criteri della divisione in sillabe, l’uso degli articoli appropriati (lo, gli, davanti alle parole che iniziano con “pn” di pneumatico!), quello del plurale delle parole terminanti in “ce”, “ge”, “co”, “go” e la regola del ritorno della vocale elisa quando l’articolo o la preposizione articolata restano orfani del nome che accompagnano quand’esso va portato a capo.
Oggi siamo più o meno tutti ostaggi di tastiere, grandi o piccole che siano, e – con esse – di un’esigenza di velocità che molto spesso impedisce di fermarsi a riflettere sul corretto uso delle espressioni e, perché no, sul piacere della grammatica e della sintassi.
Così, i vocaboli restano mutilati delle vocali, sacrificati ad un susseguirsi di espressioni sincopate e dal suono curiosamente gutturale quasi quanto i versi che – forse – emettevano i nostri antichi progenitori australopitechi. Numeri e segni prendono il posto di verbi o di parti di parole, così che basta scrivere – per esempio - un “xkè 6 qui” per ottenere uno straordinario sconto sulla quantità di caratteri alfabetici da impiegare pur mantenendo invariato l’interrogativo.
Finisce dunque che, non più avvezzi ad un corretto uso della lingua, di fronte all’impiego esteso di formule ormai sempre più desuete, le abilità espressive capitolino, rivelando ignoranze (nel senso proprio di difetto di conoscenze) insospettate.
Il vero punto è però che, come sempre accade, l’ignoranza va a braccetto con la presunzione, ed ammettere i propri limiti, recitare un “mea culpa” davanti ad un confessionale (soprattutto mediatico), risulta troppo difficile. Ci sarà sempre qualcos’altro o qualcun altro che sarà stato responsabile dell’errore: il T9 della tastiera, lo staff del social, un ministro (per paradosso) dell’istruzione che avrà creduto all’esistenza di un tunnel costruito tra il CERN di Ginevra ed il Gran Sasso…!
E allora, in linea con forme sempre più evidenti di anarchia culturale dove sono ancora possibili scoperte linguistiche in grado di aggiungere termini nuovi ad un vocabolario che – tra volgarismi, anglofilie e tecnicismi - in verità risulta già abbastanza incrementato, si può pure sperare che, accanto al recente conio di “petaloso”- meritato riconoscimento alla (fortunatamente!) ancora viva fantasiosità infantile - altre aberranti espressioni che – non foss’altro per il ludibrio suscitato - vengono impietosamente riproposte e reimpiegate, entrino a far parte del nostro lessico comune, laddove invece, altrettanto impietosamente, tramontano antiche e raffinate forme verbali. Si pensi al trapassato remoto, tempo davvero troppo anacronistico in un’epoca in cui tutto corre proiettato in avanti. Il passato è vecchio e stantio, superato da continue novità che ne fanno solo un esperimento per la riuscita di una moderna conquista; il solo passato pensabile è quello recente, il passato prossimo, anche verbalmente inteso (o ancor meglio, l’imperfetto!). Non c’è terra per la nostalgia, per quel “ritorno” - insito nella sua radice (nostòs, in greco, è ritorno) - che si traduce in uno sguardo tenero e filiale a quella Lingua, madre, che cavalcando epoche e stili ha reso grande la nostra cultura.
Ma se un “avemmo chiesto” – trapassato remoto - può considerarsi troppo desueto al punto da giustificarne l’assenza dal nostro comune impiego lessicale, che persino un “chiedemmo” - passato remoto - giunga a subire scandalose e dequalificanti varianti è inaudito: al di là della considerazione più o meno rilevante che si vuole dare al passato inteso come storia, che resti almeno fermo il ruolo fondamentale del verbo….anche quello con la V minuscola…!