Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) ha pubblicato nei giorni scorsi alcuni
Pronto Ordini con i quali ha fornito chiarimenti in merito, rispettivamente: alla sospensione per morosità (
P.O. n. 102/2019), alla sospensione cautelare (
P.O. n. 110/2018) ed alla delibera di apertura del procedimento disciplinare (
P.O. n. 113/2019).
Sospensione per morosità (P.O. n. 102/2019)
Al CNDCEC, nel quesito posto, sono state rivolte le seguenti domande:
- qual è il termine di prescrizione per la riscossione del contributo annuale da parte degli iscritti;
- se, nel caso in cui l’iscritto sia stato sospeso dall’albo, è tenuto al versamento delle quote per le annualità in cui risulta sospeso;
- se conserva efficacia giuridica la delibera del Consiglio dell’Ordine in caso di omessa notifica all’interessato;
- se, a fronte di un provvedimento di sospensione per morosità per determinate annualità, il persistere della morosità per ulteriori annualità richieda un nuovo provvedimento del Consiglio di Disciplina.
Il Consiglio nazionale, relativamente alla prima domanda, ha osservato che il termine di prescrizione per la riscossione dei contributi degli iscritti è quinquennale, in virtù di quanto disposto dall’articolo 2948 c.c., il quale prevede che
“si prescrivono in cinque anni…gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”.
Quanto alla seconda domanda, il CNDCEC ha affermato che, qualora l’iscritto sia sospeso per morosità, tale sospensione non fa, comunque, venir meno in capo allo stesso l’obbligo di corrispondere le annualità per le quali risulta moroso. Ciò, in quanto, il versamento dei contributi da parte degli iscritti rappresenta un obbligo prescritto ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lett. p) del
D. Lgs. n. 139/2005. Inoltre, il Consiglio ricorda che il mancato versamento dei contributi comporta il venir meno del requisito dell’irreprensibile condotta, previsto dall’articolo 36, comma 1, lett. c, dell’Ordinamento professionale. Qualora, infatti, sia decorso un anno dal provvedimento di sospensione per morosità e l’iscritto non abbia provveduto a sanare la propria posizione, lo stesso potrà essere cancellato dall’albo in base a quanto previsto dal Regolamento per la riscossione dei contributi (articolo 7).
Relativamente alla terza domanda, i Commercialisti evidenziano che l’omessa o irregolare notifica del provvedimento determina la mancata efficacia dello stesso nei confronti del soggetto al quale è indirizzato, considerando che, i provvedimenti disciplinari si ritengono “atti unilaterali recettizi” che, a norma dell’articolo 1334 c.c., producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati.
Infine, in merito all’ultima domanda contenuta nel quesito, il Consiglio Nazionale ha confermato che il persistere della morosità per ulteriori annualità comporta l’adozione di un nuovo provvedimento del Consiglio di Disciplina. Ribadendo, infatti, quanto già evidenziato nel secondo quesito, si sottolinea come l’esser già stato sanzionato non determina il venir meno dell’obbligo di versare i contributi per le annualità per le quali l’iscritto è stato sanzionato e, tanto meno, quello per i contributi relativi alle annualità successive. Di conseguenza, il Consiglio di Disciplina potrà disporre l’apertura di ulteriori procedimenti disciplinari per morosità a carico del professionista.
Sospensione cautelare (P.O. n. 110/2019)
Il quesito sottoposto al CNDCEC riguarda il caso di un iscritto a carico del quale sono stati già aperti due procedimenti disciplinari (attualmente sospesi in attesa degli esiti dei rispettivi procedimenti penali) ed altri due procedimenti saranno aperti per altri fatti, sempre determinati da informative dell'Autorità Giudiziaria relative all'esercizio dell'azione penale nei confronti del medesimo iscritto. È stato, quindi, chiesto se il Consiglio di Disciplina possa deliberare la sospensione cautelare a carico di quest'ultimo per un periodo non superiore a cinque anni.
Sul punto, il CNDCEC ricorda quanto previsto dall’articolo 53 del D. Lgs. n. 139/2005, il quale dispone, al primo comma, che
«la sospensione cautelare può essere disposta, in relazione alla gravità del fatto, per un periodo non superiore a cinque anni», mentre, al secondo comma stabilisce che
«la sospensione cautelare è comunque disposta in caso di applicazione di misura cautelare o interdittiva, di sentenza definitiva con cui si è applicata l'interdizione dalla professione o dai pubblici uffici».
Inoltre, il Consiglio richiama anche quanto disposto dall’articolo 10, commi 1 e 2, del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, sempre con riguardo all’apertura del procedimento disciplinare «
in relazione alla gravità del fatto».
In virtù di quanto previsto dalle norme sopra richiamate, i commercialisti concludono osservando che, qualora il professionista nei confronti del quale si procede in ambito disciplinare
“sia attinto da provvedimento cautelare o interdittivo, la sospensione cautelare dovrà essere necessariamente disposta”. Se, invece, non ci sia un provvedimento cautelare o interdittivo emesso dall’autorità giudiziaria, ma vi siano fatti gravi, sarà il Consiglio di Disciplina a valutare tale gravità al fine di disporre o meno, dopo avere aperto il procedimento disciplinare, l’eventuale sospensione cautelare dell’iscritto fino ad un massimo di cinque anni.
Delibera di apertura del procedimento disciplinare (P.O. n. 113/2019)
Con il quesito posto al Consiglio Nazionale, è stato domandato se sia fondata l’eccezione di nullità della delibera di apertura del procedimento disciplinare sollevata dal legale dell’incolpata, nel corso della fase istruttoria, per mancata indicazione analitica (nel capo d’incolpazione) dei fatti contestati e della loro relazione con le norme del Codice deontologico presuntivamente violate.
Ciò, considerando che, nel caso di specie, la delibera di apertura ha menzionato la revoca dell’incarico di curatore ricevuta dal presidente del Tribunale acquisita nell’acceso agli atti dell’incolpata e, in caso positivo, se tale presunto vizio possa essere sanato da una successiva delibera che integri il capo d’incolpazione, da assumersi e notificarsi entro il termine di apertura del dibattimento.
Il CNDCEC, sul punto ha, dapprima, ricordato quanto disposto dall’articolo 9, comma 2, del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, il quale stabilisce i requisiti che deve avere la delibera di apertura del procedimento disciplinare, ossia essere «
succintamente motivata» e deve
«contenere l’indicazione dei fatti dei quali si contesta la rilevanza disciplinare» e «
l’indicazione delle norme di legge o del Codice deontologico che si assumono violate».
I sopra citati requisiti devono necessariamente essere presenti nella delibera di apertura del procedimento, in quanto hanno finalità di garantire il diritto di difesa del soggetto incolpato.
Fermo restando che il Consiglio Nazionale non può esprimersi specificamente in merito al quesito esposto, sulla base della documentazione in possesso osserva comunque che “può, in considerazione dell’esito dell’espletata istruttoria, disporre altresì l’integrazione del capo d’incolpazione ovvero l’apertura di altro procedimento disciplinare”, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 12, comma 2, del Regolamento richiamato in precedenza.