È stato divulgato ieri dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili il documento “L’arbitrato”, l’ultima fatica realizzata dalla Commissione Arbitrato e altri strumenti alternativi delle controversie – Area Funzioni Giudiziarie, rientrante nell’area di delega del Consigliere Nazionale Maria Luisa Campise e del Consigliere codelegato Felice Ruscetta, e presieduta da Mario Cardillo.
Lo studio compie un’analisi molto dettagliata del procedimento di arbitrato, come strumento ricompreso nell’ambito delle procedure solutorie alternative al contenzioso civile e commerciale (cd. Alternative Dispute Resolution - ADR), divenuto negli ultimi anni di largo impiego nel nostro Paese, sebbene in ritardo rispetto ad altri.
I pregi riconducibili al ricorso all’arbitrato sono intuitivamente evidenti: dall’ampia autonomia lasciata alle parti sia nella scelta dell’arbitro che delle norme cui esso debba attenersi nel corso del procedimento, fino alla determinazione della durata dello stesso, vantaggio – quest’ultimo – certamente considerevole rispetto all’incertezza dei tempi dei giudizi ordinari.
La snellezza del procedimento arbitrale è altresì rinvenibile nella sua matrice negoziale, benché la sua conclusione si sostanzi poi in un atto (il lodo) in tutto equiparabile ad una pronuncia giudiziale. Ed a riguardo viene quindi affrontata, primariamente, la questione della compatibilità (o, meglio, della legittimità) dell’arbitrato con il contenuto dell’art. 102, comma 1, della Costituzione, secondo cui “la funzione giurisdizionale è esercitata dai magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario”: questione di fatto insussistente appunto perché l’arbitrato – stante la sua natura convenzionale – si traduce in una manifestazione di tutela non giurisdizionale dei diritti che dunque non contrasta con quella previsione.
Lo stesso dicasi con riguardo all’apparente contrasto con la previsione contenuta nell’art. 24 della Costituzione, in considerazione dell’effetto risolutivo delle controversie riconosciuto al lodo e che, pertanto, andando ad incidere sulla giurisdizione, ne impedirebbe di fatto l’esercizio. Ebbene, anche con riguardo a tale aspetto, può dirsi che l’arbitrato non comporta una rinuncia abdicativa alla tutela giurisdizionale (illegittima) ma semplicemente una sua sostituzione (legittima).
Il documento prosegue con l’analisi delle figure affini all’arbitrato, delle condizioni per il ricorso a tale strumento, dei requisiti e delle funzioni degli arbitri, della struttura e del funzionamento del procedimento, fino alla decisione (ed alla sua impugnazione), per esaminare, poi, alcune tipologie specifiche di arbitrato: l’arbitrato Internazionale, l’arbitrato nei Lavori Pubblici (anche in relazione al nuovo codice degli appalti), l’arbitrato sportivo, l’arbitrato bancario e finanziario, l’arbitrato speciale di cui all’art. 1 commi 855-861 della legge di stabilità 2016 (in relazione all’istanza di erogazione diretta al Fondo di solidarietà).
L’ultima parte del documento è infine dedicata agli aspetti fiscali dell’arbitrato.
L’utilità del documento – di indubbia evidenza pratica – va individuata anche nel suo valore come mezzo d’approfondimento e monitoraggio di uno strumento senz’altro indirizzato ai commercialisti, i quali, in virtù delle competenze e di un’adeguata professionalità, ben possono essere nominati arbitri, in particolar modo quando si tratti di liti attinenti al diritto d’impresa, alle materie economiche, finanziarie, tributarie, societarie ed amministrative.
Al tempo stesso, intento dello studio del CNDCEC è quello di fornire una conoscenza approfondita del giudizio arbitrale al fine d’incoraggiare il ricorso a metodi di risoluzione delle controversie più rapidi e risolutivi rispetto alle ordinarie vie giudiziarie e di avvicinare alla materia gli iscritti all’Albo.
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